NICOLA PALMA
Cronaca

Prostitute violentate in caserma, ex maresciallo della Tenenza di Pero pagherà 25mila euro

Il maresciallo fu arrestato nel 2012: sotto accusa finì anche un collega appuntato. Dopo la condanna a 6 anni e 4 mesi, ora è arrivato il verdetto erariale. “Danno d’immagine all’Arma”

Le due donne furono portate in caserma per essere fotosegnalate

Le due donne furono portate in caserma per essere fotosegnalate

Milano – Il militare "ha abusato del suo potere e approfittato della situazione di soggezione al suo potere delle vittime per fini egoistici". Di conseguenza, "è inevitabile che tale comportamento" abbia generato "perdita di prestigio dell’Arma e sfiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini". È il punto-chiave della sentenza della Corte dei Conti che ha condannato A.C., ex maresciallo della Tenenza di Pero, a risarcire 25mila euro al Ministero della Difesa.

La vicenda risale al marzo 2012, quando A.C. e un appuntato finiscono in manette: il pm Giovanni Polizzi li accusa di aver costretto due prostitute romene a fornire prestazioni sessuali contro la loro volontà per evitare di essere trattenute tutta la notte in caserma per il fotosegnalamento. Quattro mesi dopo, la Procura chiede e ottiene il giudizio immediato per i militari, incastrati dalle dichiarazioni che una delle donne ha messo a verbale in un’altra indagine su abusi analoghi compiuti da alcuni finanzieri.

In primo grado, A.C. viene condannato a 7 anni di reclusione per violenza sessuale e concussione e interdetto a vita dai pubblici uffici; inoltre, l’ex maresciallo dovrà pagare in solido col collega 20mila euro al Ministero e 30mila euro alle vittime. In appello, la pena viene rideterminata in 6 anni e 8 mesi, e dopo un annullamento con rinvio della Cassazione viene definitivamente fissata a 6 anni e 4 mesi. A quel punto, il Ministero dispone la perdita dello stato di militare per A.C. Poi si muove la Procura erariale, ma il 31 maggio 2021 la Corte dei Conti assolve l’ex maresciallo "per intervenuta prescrizione". Tre anni dopo, ecco il ribaltone: la terza sezione centrale d’appello dispone la rimessione degli atti per la prosecuzione del giudizio.

Così il 23 dicembre 2024 viene depositato un nuovo atto di citazione, con la richiesta di condanna a pagare 31.221,90 euro per il danno d’immagine all’Arma. L’imputato contesta la quantificazione della cifra, sostenendo l’assenza di prove sul presunto "allarme che si sarebbe propagato nell’ambiente della prostituzione", nonché la ridotta eco mediatica generata da notizie di stampa "scarne e non idonee a provocare clamore". Considerato che A.C. ha già versato 20mila euro per effetto delle condanne penali e che "era un semplice maresciallo, ossia un sottufficiale, grado non elevato nella gerarchia dell’Arma", i giudici lo condannano a pagare 25mila euro.