
Una “lezione“ sul lavaggio delle mani della conduttrice Barbara D’Urso in televisione durante la pandemia
Milano – Un’avvertenza: quello che state per leggere al prossimo aperitivo potrebbe impedirvi di prelevare dalla ciotola delle noccioline con la stessa serenità. Prima della pandemia, quando i presentatori più popolari della tv ingannavano i pomeriggi di lockdown con esaustive dimostrazioni pratiche, solo il 60% degli italiani dichiarava senza tema di smentita di lavarsi le mani dopo aver utilizzato il bagno - quindi è ragionevole ritenere che la percentuale reale fosse più bassa.
Anche tra gli operatori sanitari, l’adesione ai protocolli ben più rigidi previsti in contesti ospedalieri o comunque di cura arrivava appena al 54-55%. Bruttissime abitudini in parte smantellate dalla consapevolezza - e dalla paura - nel 2020-21 segnati dal Covid19: tra i camici l’osservanza delle procedure superava il 70%, tra gli italiani l’83% giurava di usare acqua e sapone prima di uscire dal bagno e il 55% di farlo più spesso di prima. E però, man mano che passa il tempo - e la paura di contaminarsi o trasmettere virus, batteri e patogeni vari -, anche questa, tra le pochissime eredità positive della pandemia, inizia ad assottigliarsi, come ha documentato l’anno scorso una ricerca della Cattolica: solo il 45% degli 800 intervistati aveva mantenuto una frequenza di pulizia superiore al pre-Covid, mentre il 22%, in proiezione più di un italiano su cinque, confessava di averla addirittura ridotta. E solo uno su quattro usava ancora il gel igienizzante.
Questa sporcizia torna a galla perché domani, 5 maggio, è la Giornata mondiale dell’igiene delle mani. E all’Istituto nazionale dei tumori di Milano intendono dare un significato nuovo all’espressione “Mani pulite“. Con “un approccio ludico e immersivo per coinvolgere le persone su un tema cruciale - spiega Stefano Salvati della direzione medica –: l’igiene delle mani è il primo e più efficace gesto per prevenire la diffusione di germi e infezioni, specialmente in ambito ospedaliero”.
Si tratta di due maxiposter 90 per 140 posizionati in zone strategiche come le sale d’attesa del Cup: un gioco dell’oca interattivo in realtà aumentata, con dieci tappe che corrispondono a insidie quotidiane - la maniglia della porta, il cellulare, le banconote - o epocali come i “superbatteri” resistenti agli antibiotici. Inquadrando il Qr Code si entrerà nell’app che consentirà di visualizzare i contenuti multimediali su rischi e buone prassi, attivando le icone con la fotocamera dello smartphone. Che - scommettiamo - al termine dell’esperienza verrà repentinamente igienizzato.