PAOLA PIOPPI
Cronaca

Dopo 50 anni: "Per Cristina serve giustizia"

Al processo per il sequestro Mazzotti la parola passa ai legali di parte civile .

Al processo per il sequestro Mazzotti la parola passa ai legali di parte civile .

Al processo per il sequestro Mazzotti la parola passa ai legali di parte civile .

"Non c’è alcuna volontà di vendetta, ma esigenza di giustizia. A cinquant’anni di distanza, la richiesta di verità e di giustizia non si è affievolita: questo è il senso di un processo come questo". Per tutta la giornata di ieri, davanti alla Corte d’Assise di Como, gli avvocati di parte civile Ettore Zanoni e Fabio Repici hanno trascinato i giudici in una dimensione fortemente umana di quanto vissuto da Cristina Mazzotti durante il suo sequestro e la sua prigionia, drammaticamente conclusa con la morte di una ragazza di soli diciott’anni.

Ma allo stesso tempo hanno dettagliatamente ricostruito nomi e relazioni, corrispondenze tra soggetti che in quegli anni sono stati i protagonisti della criminalità organizzata a Milano e in Lombardia. Persone che hanno lasciato tracce a volte impercettibili, o che hanno saputo e ascoltato, soprattutto durante le convivenze cui sono stati obbligati dalle lunghe carcerazioni.

A processo ci sono tre uomini, ormai ultrasettantenni, accusati di essere quegli esecutori materiali del sequestro di Cristina, finora mai identificati, avvenuto la sera del 30 giugno 1975 a Eupilio: Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò e Antonio Talia. "Questi cinquant’anni – hanno proseguito i due avvocati che assistono la famiglia Mazzotti – sono utili per comprendere ancora meglio la dimensione della tragedia: qui dentro c’è tutta la vita che Cristina avrebbe potuto vivere. Oggi avrebbe 68 anni: ci sarebbero stati i viaggi, magari l’università e la famiglia, i figli".

Parlano della ferita dei familiari, dell’incolmabile vuoto "oggi così come per tutta la loro vita". Il padre di Cristina viene colpito da un infarto durante le trattative, "ad aprile dell’anno dopo morirà". Ma anche il dolore della sorella e del fratello, e lo strazio di Cristina: "Ci piacerebbe restituire la dimensione della sua sofferenza. Ogni tanto si ha la sensazione che Cristina Mazzotti diventi solo un nome. La mettono in un buco: 255 centimetri di lunghezza, 165 di larghezza, 140 di altezza. Cosa si prova a stare lì dentro per così lungo tempo? Cristina è una candela che si sta spegnendo e nonostante questo vengono somministrate ancora ingenti dose di farmaci".

E infine: "I Mazzotti, all’improvviso, incontrano la mafia, 35 anni prima di quel prefetto di Milano che disse che la ‘ndrangheta a Milano non c’era".