
L’operazione coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Milano Sara Ombra
Droga pagata con il bancomat alla stazione di servizio, o scalata dalle tessere del reddito di cittadinanza, assieme al pieno di benzina. Ma dal terminale pos della stazione di servizio Get Oil di Cislago, transitavano anche i pagamenti degli interessi dei prestiti di usura. È quanto emerso ieri mattina, durante la prima udienza dibattimentale del processo Hocus Pocus, ultimo frangente di un’indagine condotta dalla Squadra Mobile di Como e dalla Dda di Milano a partire dal 2020, era sfociata nell’arresto di 30 persone, suddivise in due diversi gruppi criminali. Uno attivo nella zona dell’Erbese, e concentrato quasi esclusivamente sullo smercio di droga, con una rilevante disponibilità di armi, il secondo che partiva ancora dallo smercio di droga, faceva capo a Marco Bono, 50 anni di Cadorago, punto di riferimento di un traffico che aveva come base logistica il distributore di benzina Get Oil di Cislago. Ma le contestazioni parlano anche di reati economici, come l’acquisto fraudolento di carburante, l’ottenimento di fidi rimasti insoluti, il riciclaggio e l’usura. A processo dibattimentale sono arrivati solo in sei, dopo i patteggiamenti e gli abbreviati di tutti gli altri imputati: Giuseppe e Giacomo Pirottina, padre e figlio di 58 e 31 anni, Ibrahim Zabzuni, 46 anni, Mario Polito, 40 anni, Michele Filippo Cutrì, 54 anni e Nicodemo Macrì, 55 anni. Davanti al pubblico ministero Sara Ombra, i primi a prendere parola sono stati gli investigatori della Squadra Mobile, ricostruendo anni di accertamenti.
Non solo lo spaccio di droga e le dinamiche di approvvigionamento, ma le altre attività illecite che avevano come referenti Marco Bono e i due Pirottina. Una delle vicende più significative, è stata l’usura ai danni di un imprenditore pavese, che a maggio 2020 aveva ottenuto un prestito da 50mila euro. Il tasso di interesse, così come emerso chiaramente dalle intercettazioni, era di 15mila euro al mese: ma a ottobre l’imprenditore non aveva ancora restituito nulla, nemmeno i 75mila euro di interessi accumulati fino a quel momento. Una prima spedizione, a ottobre, si era limitata alle minacce, costringendo l’imprenditore a consegnare un assegno da 15mila euro, risultato però scoperto. Un mese dopo, le modalità cambiano: i due Pirottina si presentano dall’imprenditore, che viene picchiato, e l’avvocato che aveva fatto da tramite viene preso per il collo, con la promessa che il prossimo a essere "spaccato", sarebbe stato lui. I racconti di quell’aggressione rimangono cristallizzati nelle registrazioni delle intercettazioni ambientali, così come il tentativo di utilizzare la società della vittima per commettere truffe, salvo dover abbandonare l’idea in quanto si trattava di una realtà economica già compromessa.