MILLA PRANDELLI
Cronaca

Un libro tra strazio e speranza: “Digiunare e farmi del male? Solo modi per chiedere aiuto”

Clara Tinti, studentessa sedicenne di Manerbio, racconta il percorso verso la guarigione. In quattro mesi nel Centro Pilota di Gussago ha trovato la voglia di scrivere la sua storia.

Clara Tinti, studentessa sedicenne di Manerbio, racconta il percorso verso la guarigione. In quattro mesi nel Centro Pilota di Gussago ha trovato la voglia di scrivere la sua storia.

Clara Tinti, studentessa sedicenne di Manerbio, racconta il percorso verso la guarigione. In quattro mesi nel Centro Pilota di Gussago ha trovato la voglia di scrivere la sua storia.

MANERBIO (Brescia) – “Ho passato gran parte della mia vita a riconoscermi nel dolore: mi definiva, mi faceva sentire capita, a mio agio, in qualche modo speciale". A raccontarsi tra strazio e speranza è Clara Tinti, studentessa sedicenne di Manerbio. Lo fa nel suo primo libro “Cadono Pezzi di Me“ che ripercorre i disturbi alimentari e l’autolesionismo, tali da farla arrivare nel reparto di Neuropsichiatria degli Spedali Civili. Il suo obiettivo è essere d’esempio e sostegno per chi vive una situazione analoga e forse non riesce a chiedere aiuto. Nelle pagine edite da Gam Edizioni e da DanielaMena, il percorso di rinascita si realizza per la forza che Clara ha scoperto di avere e il sostegno della famiglia ma anche grazie alla psichiatra Federica Pagani, responsabile dell’ambulatorio di Neuropsichiatria infantile per i disturbi della nutrizione e alimentazione dei Civili di Brescia. Insieme hanno deciso che il modo migliore per guarire fosse farsi ricoverare al “Centro pilota regionale per i Disturbi del comportamento alimentare“ dell’Ospedale Nobile Paolo Richiedei di Gussago, in Franciacorta.

"Ho iniziato ad avere disturbi evidenti a 13 anni – racconta Clara – Col tempo in me è maturato il desiderio non solo di sentirmi ma di essere anche giudicata malata. Lo reputo il mio modo di chiedere aiuto". Clara è stata ricoverata per quattro mesi: da ottobre 2024 a febbraio 2025. "La vita nella mia seconda casa, perché così considero il centro di Gussago, è stata difficile ma ricca di speranza. Il primo mese non ho potuto vedere la famiglia né avere contatti con loro. È stato tremendo. Ogni giorno scrivevo lettere e ogni giorno da casa loro scrivevano a me: la mia mamma, il mio papà, mia sorella e tanti amici e parenti. Le lettere mi venivano consegnate una volta alla settimana e per il resto del tempo avevo tanto da leggere". Nel frattempo Clara ha scritto, utilizzando parole e inchiostro per sfogarsi. "Prima mi limitavo alle poesie, per trovare ordine nella mia testa – spiega l’adolescente – Poi ho deciso di scrivere un libro narrativo e poetico allo stesso tempo, senza però pensare di pubblicarlo". La vita nel centro è trascorsa lenta. "Un pensiero speciale va alle infermiere – spiega Clara – donne meravigliose che mi hanno fatto da mamma. Quando mi sentivo sola o avevo paura, chiamavo loro. Sono sempre andata a dormire con un bacio sulla fronte dato dalle mie nuove mamme, che in quel periodo hanno sostituito mia madre Monica".

E proprio mamma Monica Abrami ha condiviso le sensazioni di Clara e l’ha spronata a a rendere pubblico il libro. "La lontananza è stata dolorosa – dice la madre di Clara – Ma so che è servita al cammino verso la guarigione". "Ora finalmente riposo – spiega Clara – Ero arrivata a non dormire mai e a muovermi in continuazione. Non sapete che bello è, dopo pranzo, concedermi un riposino. Ho ritrovato anche la gioia essere amata. Loro di fatto mi hanno sempre vista per come ero. Ero io che non lo sapevo".