
Don Gino Rigoldi, 85 anni, milanese di Crescenzago. Ambrogino e Cavaliere della Repubblica, per 50 anni cappellano al Beccaria
Milano – Hanno sedici anni. Nella notte tra l’8 e il 9 luglio hanno aggredito due fratelli di 32 e 37 anni alla fermata del tram di viale Fulvio Testi, a Milano. La rapina violenta, per strappare un borsello, è finita a coltellate: il 32enne, professione psicologo, colpito da un fendente alla schiena, è ancora ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale San Gerardo di Monza; il fratello maggiore è stato sfiorato al braccio. I due adolescenti fermati dalla polizia, e al Beccaria in attesa di convalida, sono accusati di tentato omicidio e rapina aggravata.
Entrambi nati in Italia (uno figlio di genitori nordafricani, l’altro con padre italiano), residenti con le famiglie a Cinisello Balsamo, vivono spesso fuori, a casa di amici. E hanno precedenti specifici: lesioni e rapine messe a segno nei centri commerciali del quartiere Testi-Sarca e a Cinisello. Uno dei due ragazzini era già stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per rapina emessa dal gip del Tribunale per i minorenni di Milano. I minuti che hanno preceduto i fendenti sono stati ricostruiti dalle Sezioni Omicidi e criminalità diffusa della Squadra Mobile, che ha passato al setaccio i filmati delle telecamere della zona riuscendo infine a individuare i presunti responsabili anche con l’aiuto del commissariato Greco-Turro. Quella notte i fratelli tornavano da un concerto al Carroponte; data l’attesa per il tram si sono incamminati verso il centro. A pochi metri hanno incrociato tre ragazzini. Uno si è allontanato, parlando al telefono. Gli altri due hanno scatenato l’aggressione. Sono stati identificati nel giro di poche ore.

Le parole di don Gino Rigoldi
Cinquant’anni di carcere Beccaria. “La predica non serve. A volte neanche la repressione, se non è accompagnata da altro. Con questi ragazzi è meglio mangiare una fetta di anguria”. Virginio Rigoldi, per tutti don Gino, alcuni figli di nessuno li ha portati con sé. “Cosa sogno a San Siro? Almeno tre squadre di calcio che allenino alla vita”.
Don Gino, perché tanta violenza tra i giovani?
“Quelli dei ragazzini stranieri sono reati di sopravvivenza. Arrivano a Milano e dintorni in tanti: 600-700 vengono messi in una sistemazione, altrettanti vivono di espedienti. A casa mia avrei sette posti e siamo in 16. In questo contesto, non c’è gran cattiveria dietro i reati che pure commettono. Poi ci sono i gruppi di adolescenti che si vedono in giro per certi quartieri. Anche loro sono figli di nessuno. Qualcuno la casa al mare ce l’ha anche, ma è estraneo e straniero nel posto dove vive”.
In questi giorni, abbiamo visto sedicenni protagonisti di rapine efferate, sfociate quasi in omicidi: sassi, coltelli, aggressioni brutali. Per portar via cellulari, cuffiette, qualche contante.
“Sì, sono gesti anche crudeli. C’è anche chi ha ucciso ed è in carcere. ‘Cosa ho fatto? Ma lui mi ha provocato’. C’è nelle parole di alcuni un senso della realtà e della vita degli altri assolutamente al ribasso. Ma dove c’è un intervento di accoglienza dei ragazzi, dei loro desideri, questo non avviene. Noi abbiamo un grosso centro da 25 anni alla Barona che si occupa di ricerca del lavoro, documenti, dopo scuola, che ha creato un’orchestra e spettacoli di teatro. Qui tutto questo non accade. C’è bisogno di un interlocutore che li prenda così come sono e, allora, da un’adolescenza difficile fanno anche cose buone. In altri quartieri sono scatenati nel nulla. Non hanno nessun compagno di strada che faccia vedere altro”.
Insomma, bisogna almeno mostrare un’alternativa alla strada?
“Le racconto qualcosa che per me è stato impressionante. Qualche ragazzo ha iniziato a fare sport. Sono state avviate delle squadre calcio, anche con don Claudio (Burgio, che ha preso il suo testimone al Beccaria, ndr). Beh, si sono creati gruppi, si è calmata la rabbia, si è incominciato a poter ragionare. Non siamo lì a dire ‘Sii più buono’, ma ‘Ci mettiamo insieme e facciamo un concerto, una partita, una visita in posto particolarmente bello?’. Con tanta pazienza, continuando a guardarli in faccia senza paura né indignazione, ci sono movimenti e possibilità. Qualcuno mi dice ‘Tu sei leggero’. Ma sa io cosa farei a Corvetto e San Siro? Farei tre squadre di calcio, di pallavolo per le ragazze e altri sport con allenatori che siano anche educatori. Adesso sembro un fissato del pallone. È che l’idea di fare prediche è perdente. È meglio andare a mangiare l’anguria insieme”.

Le relazioni, però, non fanno mangiare.
“Ai corsi di formazione dopo un po’ non vanno più. Noi li portiamo nelle officine, nei cantieri, da McDonald’s a mangiare un panino, a vedere chi fa giardinaggio. Questa piccola comunità va a vedere diverse opzioni e poi sceglie il corso. Come se la comunità ti motivasse a essere serio. È importante dare dimensione alla realtà. Il carcere non basta. Una volta fuori, c’è il problema dove andare a vivere. Bisogna mettere insieme risposte per una vita normale, fin da quando arrivano in Italia”.
E gli italiani di seconda generazione, come gli accoltellatori del tram 31?
“Anche loro figli di nessuno che imparano la legge della violenza senza compagnia ed educazione. La prima generazione vagava in giro per strada e dormiva in case occupate: spesso le famiglie sono rimaste in quelle direzioni. Fa impressione il senso che danno alle vite degli altri. Sono come gusci vuoti. L’altro è un oggetto che mi va bene o male, mi favorisce o danneggia. Come se la cultura dell’umanità e del rispetto fosse un’eco lontana. Però io scommetto sui tempi lunghi: tra poco compio 85 anni e posso dire che nascono affetti. Certo, ci vuole qualcuno che se ne occupi. Se devono diventare grandi da soli, non arrivano molto lontano. Vale la pena cambiare la vita anche solo a una persona, perché quel pezzo di mondo lì va preservato. Sentiamo grandi lamentele: cerchiamo, invece, di montare un grande impegno di tentativo. I grandi santi facevano gli ospedali perché i malati non li voleva nessuno in casa. Ecco, oggi chi vuol far del bene deve occuparsi di educare anche i più sgangherati”.