MICHELA LODDO
Cronaca

Il lago Titicaca come specchio della crisi climatica: il gigante delle Ande stretto fra inquinamento e siccità

L’associazione bresciana 7MilaMigliaLontano approda a La Paz, in Bolivia, per indagare i rischi a cui va incontro la riserva idrica più grande della regione, tra acqua avvelenata, siccità estrema e urbanizzazione

Il lago Titicaca prende il suo nome dall'isola chiamata Intikjarka, parola che deriva da due parole aymara e quechua: Inti ovvero Sole e kjarka ovvero masso rupestre

Il lago Titicaca prende il suo nome dall'isola chiamata Intikjarka, parola che deriva da due parole aymara e quechua: Inti ovvero Sole e kjarka ovvero masso rupestre

Sulle Ande tra Bolivia e Perù, a quasi quattromila metri di quota, il Lago Titicaca, un tempo simbolo di vita e spiritualità andina, rischia di diventare l’emblema di un collasso annunciato. Tra siccità senza precedenti, deforestazione illegale e un’espansione urbana incontrollata, il più alto bacino navigabile del mondo è sull’orlo di una crisi irreversibile. Le sue acque, che per secoli hanno nutrito culture millenarie, sono sempre più avvelenate da scarichi industriali e urbani: è un lento conto alla rovescia che mette in gioco culture, tradizioni e identità millenarie.

Il progetto 7MilaMigliaLontano

Ha preso avvio il 6 settembre, a La Paz, in Bolivia, il secondo itinerario del viaggio di 7MilaMigliaLontano, l’associazione di promozione sociale fondata a Brescia, che dal 2019 ha messo in piedi il progetto H2oPlanet, con l’obiettivo di documentare lo stato delle acque del pianeta. L’iniziativa è finalizzata alla promozione di sette viaggi solidali nei sette continenti, realizzati da diversi team di fotografi, videomaker, giornalisti e scrittori, allo scopo di restituire un’immagine chiara dei problemi che influenzano gli oceani, le coste, i fiumi, i laghi e le popolazioni che li abitano.

Nicolas Seegatz

Dopo il percorso iniziale, inaugurato a Bogotà ai primi di agosto e concluso nella capitale boliviana, il secondo team di viaggiatori si vede adesso passare il testimone per un itinerario che li condurrà fino al cuore della foresta amazzonica brasiliana, Manaus.

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L’indagine sul lago

Il Lago Titicaca è il bacino navigabile più alto del mondo e il più grande lago di acqua dolce del Sud America. Situato a 3.800 metri di altezza sulla catena delle Ande tra Perù e Bolivia, da anni attraversa una grave crisi idrica, esacerbata negli ultimi tempi da una siccità a cui le sporadiche piogge torrenziali non pongono rimedio, e da una pessima gestione delle risorse, compromesse dall’eccessiva deforestazione e dall’estrazione mineraria illegale, che, oltre a danneggiare l’ecosistema della regione, costringono le popolazioni locali a vivere senza acqua potabile.

Xavier Lazzaro, investigatore acquatico e specialista ambientale per l’Autorità nazionale del Lago Titicaca (ALT), prevede che tra pochi decenni il lago sarà uno tra i più inquinati. Tra le varie cause, il considerevole aumento della popolazione nella capitale boliviana. Infatti, con il progressivo sviluppo della città di El Alto, che oggi conta più di un milione di abitanti, il lago ha iniziato a contaminarsi con acque di scarico urbane, industriali e minerarie, che provengono dalle attività umane.

Nonostante ciò, secondo quanto riportato dallo studioso, le immagini satellitari dimostrano che il 96% di tutta la superficie del lago è in buono stato; appena il 4%, che corrisponde alle sponde del bacino, si trova in una situazione critica. Le due aree più contaminate si trovano in Perù, nella baia interiore di Puno (120.000 abitanti), e in Bolivia, nella parte del lago minore, essendo le zone meno profonde e più abitate.

La visione del ricercatore è tristemente realistica: "Non sappiamo per certo cosa succederà da qui a qualche anno. Quello che sappiamo è che la situazione andrà sicuramente peggiorando; al momento non ci sono margini di miglioramento".

Un ulteriore problema è la grave siccità che ha colpito la regione negli ultimi anni, di cui sono responsabili anche gli incendi e la deforestazione in Amazzonia. A quanto sostenuto da Lazzaro, le conseguenze del riscaldamento globale nella zona dell’altopiano boliviano accelerano più rapidamente, poiché influenzate da un clima tropicale: con un cambio di temperatura di un solo grado l’altezza del lago può abbassarsi di 40 metri.

Nicolas Seegatz

Questo comporta che le specie endemiche, a causa dell’aridità del terreno, scompaiano e che la zona del lago diventi una zona desertica, invivibile anche per le comunità che attualmente vi risiedono, come quella degli Uros, che vedono minacciato il loro stile di vita, le loro tradizioni e i loro mezzi di sussistenza.

Le soluzioni avanzate

L’esperto, in un testo recentemente pubblicato, propone 32 idee per salvare il lago, operando una distinzione tra soluzioni strutturali e soluzioni legate al comportamento umano. Tra le strutturali suggerisce varie opzioni tecnologiche, ma tutte improbabilmente attuabili in assenza di una coscienza collettiva che guardi alla salvaguardia dell’ambiente. Si parla di educazione ambientale nei programmi didattici delle scuole, di partecipazione comunitaria e di una governance articolata da parte di chi sta al potere.

"Chi ci governa non guarda altrove se non al guadagno che ne ricava dalle estrazioni minerarie. Allo stesso modo, chi lavora nelle miniere, non pensa all’educazione ecologica, al futuro che si sta lasciando nelle mani delle nuove generazioni. Dobbiamo convincere la gente che proteggere l’ambiente e rispettare la natura è essenziale per la nostra esistenza" dice lo studioso.

"Da qui a pochi anni non avremo più acqua potabile e l’unica fonte di acqua che ci rimarrà, quando El Alto avrà finito di contaminare tutto il sottosuolo" – aggiunge – "sarà il Lago Titicaca; quindi, dobbiamo preservarlo".

Ma è davvero concretizzabile una sensibilizzazione mirata a ciò in un Paese ridotto allo stremo dalla crisi economica e in cui circa il 36% della popolazione è costretta a vivere sotto la soglia della povertà? Idealmente probabilmente sì, ma realisticamente un cambiamento di una simile portata è di difficile attuazione in un contesto sociale in cui le comunità locali lottano ogni giorno per la propria sopravvivenza e quella delle loro famiglie.

La stessa biologa Viviana E. Cruz Hernandez, fortemente impegnata per la salvaguardia del Lago Titicaca, sottolinea che la Bolivia, a differenza degli altri Paesi del Sud America, è molto diversificata a livello sociale. "Ci sono le terre comunitarie di origine, i coloni, le persone che vivono in città: dunque, capirci tra di noi e arrivare a un’idea comune sulla protezione e la conservazione del nostro ambiente spesso è complicato". "Tutti questi limiti – aggiunge – fanno sì che sia più complesso prendere decisioni giuste". Pertanto, il quesito rimane aperto.