
Don Jordan Coraglia 51 anni, ex parroco di Castelcovati è accusato di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico
Castelcovati (Brescia) – Tra i suoi contatti c’era don Jordan Coraglia, 51 anni, ex parroco di Castelcovati finito arrestato a maggio, ora ai domiciliari, accusato di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. Proprio con lui avrebbe ideato la creazione di un gruppo a tema esclusivamente italiano. Un medico torinese, 40 anni, è stato arrestato nelle scorse ore in esecuzione di un’ordinanza cautelare. Produzione di contenuti multimediali realizzati mediante lo sfruttamento di minori e detenzione di ingente quantità di materiale pedoporngrafico sono le contestazioni mosse dalla Procura piemontese.
L’inchiesta, durata un paio d’anni e condotta con il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia online della Postale e il Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Torino, ha ricostruito le mosse del medico, attivo da almeno 12 anni nelle comunità pedofile del dark web.
Gli accertamenti, come nel caso di don Coraglia, partiti da Roma, sono sfociati in una perquisizione. Il sequestro e l’analisi dei dispositivi elettronici del quarantenne hanno permesso di accertare che l’uomo partecipava assiduamente alle comunità illegali con false identità. Contestata anche la produzione di materiale in chat con minori con cui, sostiene la Procura, intratteneva pure relazioni e rapporti fisici.
Per gli investigatori il medico, impegnato in attività sportive, era costantemente a contatto con adolescenti anche nella vita reale. Aveva inoltre stretto legami con persone interessate allo scambio di materiale pedopornografico, oltre che nel dark web, in ambienti di chat peer to peer.
Tra loro appunto il parroco bresciano, arrestato dopo il rinvenimento nei suoi telefoni e tablet di quasi 1.500 files, video e foto espliciti riguardanti ragazzini tra gli 11 e i 14 anni - tutti maschi, a parte un paio di bambine - quasi sempre stranieri. Il sacerdote se li sarebbe procurati frequentando sotto falso nome chat Telegram e Instagram e di un gruppo sarebbe stato appunto amministratore con il medico torinese. Davanti al gip il don ha ammesso le proprie condotte, precisando di aver scambiato materiale illecito ma di non aver mai prodotto foto o video, né di aver tenuto condotte inappropriate con i ragazzi a lui affidati.