
I carabinieri dopo la sparatoria nei boschi di Sesto Calende
Sesto Calende (Varese), 2 settembre 2025 – Svolta nelle indagini sull’agguato a colpi di pistola e fucile avvenuto lo scorso 6 luglio nei boschi dello spaccio tra Varese e Como. I carabinieri hanno individuato due componenti del gruppo di aggressori.
Il primo, un trentenne italiano che si fa chiamare Youssef – soprannome scelto probabilmente per confondersi tra i pusher nordafricani – è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesca Roncarolo, su richiesta del pm Susanna Molteni. L’uomo è accusato di tentato omicidio.

Interrogato dal giudice e assistito dall’avvocato Daniela D’Emilio, ha negato ogni coinvolgimento nella sparatoria, sostenendo di trovarsi in Liguria con la madre. A suo carico, però, ci sono le testimonianze delle vittime e di alcuni frequentatori della zona di spaccio di via Varisnella. Per questo motivo resta in carcere. Il secondo indagato è un marocchino di 23 anni, ancora irreperibile. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’agguato sarebbe legato a un regolamento di conti tra bande rivali. Le vittime, due giovani marocchini di 21 e 23 anni, avevano raccontato la stessa notte – mentre si trovavano negli ospedali di Varese e Como – di essere stati attaccati dalla cosiddetta “banda del sacchetto giallo”, gruppo che controllerebbe una zona specifica del bosco, riconoscibile proprio da quel toponimo.
La sparatoria
La sera della sparatoria, verso le 22, i due erano seduti nel loro bivacco intenti a vendere droga a una fila di clienti. All’improvviso, gli uomini del sacchetto giallo sarebbero piombati alle loro spalle esplodendo una trentina di colpi, alcuni dei quali li hanno colpiti di striscio al capo e al tronco. Feriti e insanguinati, i due erano riusciti a fuggire, abbandonando sul posto la droga e il denaro. Sul posto, oltre ai soccorritori che li hanno trasportati in ospedale, erano intervenuti anche i carabinieri della compagnia di Gallarate, che si stanno occupando delle indagini e della ricostruzione della dinamica, per stabilire con precisione ruoli e responsabilità. A evitare che i due pusher morissero dissanguati fu una ragazzina di 13 anni che, affacciata al balcone di casa, udì chiaramente gli spari. Fu lei a chiamare il padre, che a sua volta avvertì i carabinieri. Un intervento tempestivo che ha permesso di salvare la vita ai due giovani. Le indagini proseguono per identificare gli altri membri del commando e ricostruire nel dettaglio la guerra tra bande rivali per il controllo dello spaccio nei boschi.