
Emanuele Pelizzatti Perego, 44 anni, imprenditore vitivinicolo e legale rappresentante di Cantine Arpepe: è delegato per la Valtellina di Fivi
"Probabilmente ce l’avevo nel sangue. Il mio trisnonno cominciò a produrre vino nel 1860, mio padre fondò l’azienda nel 1984 e ora ci siamo noi della quinta generazione: dentro di me avverto una spinta quasi ultraterrena". Basta poco per sentire tutta la passione di Emanuele Pelizzatti Perego, 44 anni, imprenditore vinicolo e legale rappresentante di Cantine Arpepe, l’azienda di famiglia. Delegato per la Valtellina di Fivi, la Federazione italiana vignaioli indipendenti, Emanuele ha partecipato a "Gradi", il documentario uscito il 16 gennaio sul canale Youtube di Will Media sull’impatto dei cambiamenti climatici nel settore della viticoltura.
Dove si trovano i vostri vigneti?
"A Sondrio, in Valtellina, nella sottozona della Sassella, tra i 300 e 600 metri sulle pendici della montagna. Mio nonno decise di dividerli tra i parenti: mio padre Arturo ottenne sei ettari e ripartì con la produzione. Arpepe è l’acronimo del suo nome".
Lei quando entrò in azienda? "Da piccolo odiavo l’odore del vino e preferivo andare in cantiere: se mio padre era la quarta generazione di vignaioli, mio zio materno era la quarta di costruttori. Ho lavorato per tre anni come geometra di cantiere, ma poi mi licenziai ed entrai in Arpepe a fine 2002, quando mio padre si ammalò, per dare una mano all’inizio momentanea. Per lui fu una grande soddisfazione vedere i suoi figli coinvolti: Isabella è la nostra ambasciatrice nel mondo, Guido creò il sito web e oggi gestisce i social, io mi occupo della parte produttiva".
Che tipo di vino producete?
"Il Nebbiolo, varietà autoctona della Valtellina. Questo vitigno viene bene in poche parti del mondo e ha gran capacità di invecchiare senza perdere le sue proprietà. Produciamo circa 100mila bottiglie l’anno e le vendiamo metà in Italia e metà all’estero".
Che impatto ha avuto il cambiamento climatico sulla vostra produzione?
"La Valtellina ne ha quasi beneficiato, perché il caldo accelera la maturazione. Il problema è l’alternarsi di picchi di calore e periodi di pioggia continua. La siccità riduce la produzione, la pioggia fa entrare la peronospora, una malattia fungina, e ha un effetto drenante su un territorio come la Valtellina, che è l’area terrazzata più vasta d’Italia, con 2.500 chilometri di muretti a secco. E poi ci sono le grandinate: ne abbiamo avute sei solo nel 2023. Negli ultimi 4-5 anni abbiamo perso il 20-30% della produzione".
Quali soluzioni state mettendo in campo?
"Come Fivi abbiamo lanciato una campagna di sensibilizzazione sull’importanza della manutenzione, che riduce il rischio idrogeologico. In Valtellina abbiamo sperimentato l’uso dei droni per i trattamenti fitosanitari, che proteggono dalla peronospora. In una zona a forte pendenza come la nostra il trattamento viene fatto a mano: il drone permette di farlo da remoto, in qualsiasi momento, risparmiando acqua e in un modo più rapido e sicuro. Ma c’è un problema".
Quale?
"A livello normativo il drone è equiparato a un elicottero e quindi serve l’autorizzazione dell’Enac e dei Ministeri dei Trasporti e della Salute. Come Fivi stiamo chiedendo una deroga territoriale permanente".
Di fronte a questi problemi come fa a conservare la passione per il suo lavoro?
"È soprattutto il ricordo della soddisfazione di mio padre. È come se nel sangue avessimo la forza di più generazioni".
Lei fa parte della quinta: ci sarà una sesta?
"La sesta è già nata: tra me e mio fratello abbiamo quattro figli. Dovremmo renderli talmente orgogliosi di noi da far venir loro voglia di entrare in azienda. Ma non vogliamo forzare la mano. Come evitò di fare nostro padre".