REDAZIONE SALUTE

Insubria, scoperta rivoluzionaria nell'ottica quantistica: diagnosi più precise e con meno danni alle cellule

La ricerca dell’università di Varese e Como, pubblicata su Science Advances, segna un importante passo avanti nell’ambito degli esami diagnostici

Le implicazioni della scoperta dell'Insubria sono significative: potrebbe essere sviluppata una nuova generazione di strumenti diagnostici e medici basati su luce quantistica, capaci di esplorare i tessuti in profondità, con immagini più nitide e dettagliate, riducendo al minimo i rischi di fotodanneggiamento

Le implicazioni della scoperta dell'Insubria sono significative: potrebbe essere sviluppata una nuova generazione di strumenti diagnostici e medici basati su luce quantistica, capaci di esplorare i tessuti in profondità, con immagini più nitide e dettagliate, riducendo al minimo i rischi di fotodanneggiamento

Una scoperta nel campo dell’ottica quantistica, guidata dall’Università dell’Insubria, apre la strada a nuove tecniche di indagine biomedica più precise e meno invasive. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Advances, dimostra che i processi a due fotoni possono essere potenziati grazie alla luce quantistica anche a intensità luminose molto più elevate di quanto si pensasse possibile.

Collaborazione internazionale

Il risultato arriva da una collaborazione internazionale che coinvolge, oltre all’Insubria, le Università di Strathclyde e di Glasgow e l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del Cnr di Milano.

Importanza dei processi a due fotoni

I processi a due fotoni come l’assorbimento a due fotoni, o la generazione della seconda armonica, sono fondamentali in applicazioni biomediche avanzate: dalla microscopia non lineare all’imaging profondo dei tessuti, fino alla diagnostica di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer. Queste tecniche, tuttavia, richiedono normalmente fasci di luce molto intensi, con il rischio di danneggiare le cellule e i tessuti osservati.

Utilizzo di coppie di fotoni "entangled"

Per superare questo limite la comunità scientifica ha ipotizzato negli anni l’impiego di coppie di fotoni “entangled”, cioè correlati quantisticamente. Questi stati quantistici particolari, prodotti tramite processi di conversione parametrica, possono aumentare l’efficienza delle interazioni a due fotoni, riducendo l’intensità necessaria. Finora, però, si riteneva che tale vantaggio fosse confinato a condizioni di luce debolissima, insufficienti per applicazioni pratiche.

Scoperte rivoluzionarie

Il nuovo studio guidato da Lucia Caspani, docente di Fisica del Dipartimento di Scienza e alta tecnologia, ha ribaltato questa convinzione. Grazie a un approccio sperimentale innovativo, i ricercatori hanno dimostrato che il vantaggio quantistico resiste anche in condizioni di luce fino a dieci volte più intense rispetto a quelle considerate possibili in passato.

Utilizzando un particolare tipo di luce quantistica detta squeezed vacuum, i ricercatori hanno osservato che la generazione di seconda armonica, un tipico processo a due fotoni, mantiene un’efficienza superiore rispetto alla luce classica, anche quando il numero medio di fotoni per modo supera l’unità. In altre parole, il vantaggio quantistico non scompare appena si passa dal regime di bassa intensità, ma persiste ben oltre la soglia finora accettata.

Confronto e risultati

Questo risultato è stato verificato attraverso un confronto diretto tra fasci quantistici ed equivalenti fasci laser classici, a parità di intensità e condizioni sperimentali: in tutti i casi, la luce entangled ha dimostrato una maggiore efficienza nei processi a due fotoni.

“Abbiamo dimostrato che gli effetti quantistici restano vantaggiosi a intensità luminose che non danneggiano i campioni, ma sono abbastanza alte da permettere misure attendibili – spiega la professoressa Lucia Caspani -. Questo potrebbe allargare enormemente l’uso della luce quantistica in tecnologie applicate, in particolare in campo biomedico”.

Implicazioni future

Le implicazioni di questa scoperta sono significative: potrebbe essere sviluppata una nuova generazione di strumenti diagnostici e medici basati su luce quantistica, capaci di esplorare i tessuti in profondità, con immagini più nitide e dettagliate, riducendo al minimo i rischi di fotodanneggiamento. Applicazioni possibili spaziano dalla microscopia ad alta risoluzione alla spettroscopia, fino alla terapia fotodinamica.

Pubblicazione e autori

Il lavoro, intitolato «Quantum-enhanced second harmonic generation beyond the photon pairs regime», è firmato da un team internazionale composto da Thomas Dickinson, Ivi Afxenti, Giedre Astrauskaite, Lennart Hirsch, Samuel Nerenberg, Ottavia Jedrkiewicz, Daniele Faccio, Caroline Müllenbroich, Alessandra Gatti, Matteo Clerici e Lucia Caspani.

Lo studio è stato reso possibile dal sostegno di diversi enti di ricerca e agenzie internazionali, tra cui il Consiglio Europeo della Ricerca, Erc, Epsrc, Innovate Uk e il Prin del Ministero dell’Università e della Ricerca.