
Emilio Del Bono, vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia
Del Bono, nel centrodestra il dibattito sulle Regionali è già partito. E nel centrosinistra?
"Noi stiamo facendo un cammino nuovo rispetto al recente passato, vogliamo allargare la coalizione e mettere in piedi una rete civico-amministrativa da aggiungere ai partiti arruolando quel pezzo di società lombarda che si spende sul territorio, si spende nella dimensione locale, ma quando si tratta di elezioni Regionali o Politiche non ci sceglie o non va a votare. Il 27 settembre riceverò dall’assemblea regionale del Pd l’incarico di costituire e costruire il tavolo programmatico “Lombardia 2028“ nel quale coinvolgeremo il civismo lombardo. Un percorso nuovo, che partirà per tempo. Purtroppo in occasione delle ultime due consultazioni regionali abbiamo dovuto cercare un candidato governatore a ridosso delle elezioni, senza possibilità di supportarne la candidatura con un lavoro di medio e lungo periodo sul territorio e con una coalizione spaccata. Questo ci ha portato alla sconfitta nonostante avessimo due ottimi candidati: Giorgio Gori e Pierfrancesco Majorino".
Stavolta pare che possa essere lei il candidato governatore.
"È prematuro parlarne. In questa fase, come ho detto, avrò il compito di coordinare i lavori, di costruire un percorso e un programma il più possibile condivisi e partecipati per creare una coalizione che sia ampia, la più ampia possibile”.
Dai Cinque Stelle a Italia Viva?
"La più larga possibile”.
La possibilità di una candidatura del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, c’è ancora o è tramontata dopo l’inchiesta in corso sull’urbanistica cittadina?
"È presto per parlare di nomi. Vale per me e vale anche per Beppe Sala, persona che stimo”.
Dal centrodestra sono emersi due nomi pesanti: Giancarlo Giorgetti per la Lega e Carlo Fidanza per Fratelli d’Italia.
"Nel caso della Lega i nomi sono una scorciatoia, un atto di furbizia politica per nascondere un problema profondo: hanno perso il contatto e il rapporto con la loro terra di origine, con la Lombardia. Lo hanno perso con la svolta sovranista e, poi, con l’abbraccio al generale Vannacci. Pure Attilio Fontana ha avvertito la necessità di prendere posizione contro quella che ha definito la vannaccizzazione della Lega”.
Giorgetti, però, ha un profilo decisamente diverso da Vannacci: istituzionale, moderato ed è lombardo doc.
"Ma la Lega di Giorgetti non esiste, non c’è più, è dispersa. La furbizia politica sta nel fare il suo nome senza che ci sia dietro niente di più di un nome. Il problema è comune a tutto il centrodestra italiano, che ha ormai assunto un profilo sovranista e centralista del tutto contrario ad ogni vera autonomia locale, ad ogni principio di sussidiarietà, a ogni delega di potere agli enti locali, siano essi i Comuni, le Province o le Comunità Montane. Ecco, per il Pd e per la coalizione di centrosinistra si apre un grande spazio, una grande possibilità: rispondere alla domanda di autonomia che arriva dagli enti locali. Dobbiamo essere in grado di coglierla e di interpretarla”.
Nel frattempo è la Lega ad aver presentato, in questi giorni, sfruttando la ricorrenza di Pontida, l’Agenda per il Nord.
"Oggi in cima all’agenda della Lega c’è il Ponte sullo Stretto di Messina. E questo non mi stupisce più. La Lega non è un partito autonomista, non lo è mai stato. Prima della svolta sovranista è stato un partito secessionista, che si batteva per l’affermazione di una nuova realtà microstatuale, non per una maggiore libertà degli enti locali di decidere il proprio destino. La stessa autonomia differenziata per la quale la Lega si sta battendo da anni non fa che creare un nuovo centralismo regionale. Non ha nulla a che fare con il principio di sussidiarietà".
C’è, però, il tema della centralizzazione dei fondi europei oggi gestiti dalla Regione. Un tema posto dalla Lega e da FdI.
"Ma io su questo punto sono anche d’accordo con loro. Peccato che poi la Lombardia a guida Lega-FdI sia solo undicesima tra le regioni italiane per capacità di spendere le risorse del Fondo Sociale Europeo. Non lo dico io, lo dice la Corte dei Conti nel giudizio di parifica 2024. La battaglia è giusta, ma questa Giunta non è credibile nel perseguirla. Per questo dico e ribadisco: il Pd deve riscoprire quel Dna sinceramente autonomista che gli hanno lasciato in dote le due grandi tradizioni politiche dalle quali è nato: quella del cattolicesimo popolare e della sinistra riformista”.
Non mi ha risposto né su Fidanza né su Fratelli d’Italia, che, invece, almeno per ora, non pare aver problemi di consenso né a livello nazionale né lombardo.
"Noi non dobbiamo commettere l’errore di focalizzarci su Giorgia Meloni, non dobbiamo politicizzare il dibattito ma, al contrario, dobbiamo lombardizzarlo, parlare di temi concreti, evidenziare la cattiva gestione della Lombardia da parte del centrodestra lombardo. Treni, sanità, Aler: qui il loro malgoverno è evidente”.