VALENTINA BERTUCCIO D’ANGELO
Editoriale e Commento

Non è colpa dei Labubu

In fila per compare un pupazzetto iconico o per sfilare per Gaza: il cortocircuito di questo tempo

Questo commento inizia con una premessa: è ad alto rischio di retorica, qualcuno direbbe buonismo. Si correrà il rischio. 

Il tempo in cui viviamo è uno di quelli difficili, per chi ha un minimo di interesse per le cose del mondo. E non solo in termini assoluti per la drammaticità dei fatti internazionali, dall’Ucraina a Gaza. La fatica è tanta anche in termini relativi, quando ci si ferma a pensare alla distopia di un mondo, lo stesso per tutti, dove le condizioni di vita o di morte sono lontane anni luce a seconda delle coordinate geografiche. Un cortocircuito che si fa reale quando, per esempio, scorrendo la homepage del nostro sito, si passa nel tempo di mezzo scroll dal pezzo sullo sciopero generale del 22 settembre contro “il genocidio a Gaza” a quello sulla Labubu mania. Lunedì mattina a Milano ci sarà chi si metterà in fila, come sempre, per comprare il mostruoso pupazzetto mentre qualcun altro si metterà in fila per sfilare in corteo. L’effimero e l’impegno, il consumismo e lo sciopero generale, strumento di lotta che si pensava un po’ demodè, e invece…

Non è colpa dei Labubu, sia chiaro. Mettersi in fila per acquistare un pupazzetto ci aiuta a convincerci che vada tutto bene, ma là fuori il mondo brucia.