Trapper morto nel carcere di Pavia, il papà: “Voglio la verità, non credo al suicidio”

Jordan Baby aveva denunciato di essere stato violentato. Fatta l’autopsia. Il padre: “L’ultima volta che ho visto mio figlio era felice, voleva tornare libero”. E si commuove al ricordo di una guardia: “Mi disse che era un bravo ragazzo”

Jordan Jeffrey Baby aveva 26 anni

Jordan Jeffrey Baby aveva 26 anni

Una cerimonia ibrida, davanti alla chiesa di Bernareggio. Con un prete a benedire la salma e uno spazio per lasciar dire qualcosa ai suoi amici trapper. “E magari mettere su qualche canzone” di Jordan Jeffrey Baby Tinti. Roberto, il papà, ci sta lavorando. La richiesta di nulla osta per seppellire suo figlio è stata inviata, il giorno per l’ultimo saluto sarà lunedì, da decidere l’ora. La fine di Jordan Tinti, il trapper di 26 anni trovato impiccato nella sua cella al carcere di Pavia, fa male. Ed è un mistero. Ne sono convinti l’avvocato Federico Edoardo Pisani e il papà. Jordan in carcere aveva denunciato di aver subito maltrattamenti e abusi sessuali. Si attendono gli esiti dell’autopsia. "L’inchiesta è in corso, ci pensa l’avvocato" dice il papà.

Quando ha visto per l’ultima volta suo figlio?

"A febbraio, per un’udienza in tribunale. Mi disse: ‘Riassaporo per la prima volta il sapore della libertà ed è una cosa bellissima’. Era contento".

Il 12 marzo l’hanno chiamata dal carcere di Pavia per dirle che suo figlio era morto.

"L’altro giorno sono andato a vedere il corpo e a prendere le sue cose. Sembrava che dormisse, ma era proprio mio figlio. Ho visto anche alcune delle guardie, sono state gentili, anche la direttrice del carcere e i comandanti della polizia penitenziaria. Quando stavo per andarmene, una delle guardie si è avvicinata e ha detto: ‘Suo figlio era un bravo ragazzo, lo avevo conosciuto qui’. Mi ha molto toccato".

Però era in galera.

"Da sedici mesi. Sproporzionato per quanto successo".

Rapina aggravata da insulti razziali. In concorso con un altro trapper, avrebbero gridato a un operaio nigeriano: ’Ti vogliamo morto perché sei nero’.

"Mio figlio non era un santo, sicuramente ha fatto qualche c...ta, ma era tutto fuorché un razzista. Sono venuti a casa nostra a ricordarlo qualche giorno fa una trentina di suoi amici. Beh, cinque erano di origine nordafricana, tre africani. Le sembra tipico di un razzista?".

E poi?

"Anche il nome che si era scelto, Jordan Jeffrey Baby e il fatto che si fosse tatuato il volto di Micheal Jordan su un braccio… un giocatore di basket nero. Sarebbe come se uno del Ku Klux Klan si tatuasse sul braccio il volto di Martin Luther King. E poi sua mamma è una sinti".

Se ne era andata quando Jordan aveva solo un anno e mezzo. Ci sarà al funerale?

"Sì, ha detto che verrà. Il razzismo con Jordan proprio non c’entra".

Ha avuto guai con la giustizia.

"Ma non ha mai torto un capello a nessuno. Anche il giorno di quella rapina alla stazione ferroviaria, ha preso la bicicletta di quell’uomo riprendendo col telefonino il suo amico che bucava le gomme. Tutto per un video, per un click. Ripeto, lo dico da padre, ma anche da uomo comune: 16 mesi in carcere, 9 richieste di arresti domiciliari rigettate mi sembra sproporzionato".

Non crede al suicidio?

"Quando l’ho visto l’ultima volta si lamentava che gli concedessero non più di 10 sigarette al giorno e non gli lasciassero sentire la sua musica, ma mi sembrava tranquillo. Era sotto stretta sorveglianza, ma ci sono quei 40 minuti di vuoto, fra le 00.50 e l’1.30 in cui è stato ritrovato cadavere: bisogna capire cosa è successo".