Arnaldo Liguori
Cronaca

Shein, il colosso del fast fashion tradisce Stradella dopo aver detto che “l’Italia è cruciale”: cosa succede nel Pavese

Il gigante cinese trasferisce la produzione in Polonia e chiude il polo di logistica. Appena un anno fa l’azienda definiva il nostro Paese “il terzo mercato europeo”. Ora le controversie ambientali e la recente multa per pubblicità ingannevole pesano sul gruppo

Shein è una multinazionale del fash fashion, moda a basso costo che vende capi su internet

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Milano – La decisione della multinazionale Shein di chiudere il centro logistico di Stradella, nell’Oltrepò Pavese, nell’Oltrepò Pavese, costerà oltre 450 posti di lavoro: non solo i 311 licenziamenti dei dipendenti a tempo indeterminato, ma anche i circa 150 contratti in scadenza che non verranno rinnovati. La chiusura del polo – il secondo in Europa per dimensione – sarà definitiva entro la fine dell’anno e l’attività verrà trasferita in Polonia, dove i costi sono più bassi: l’annuncio è arrivato il 15 settembre durante l’incontro in Prefettura a Pavia tra i sindacati e Fiege Logistics, la società che gestisce la logistica per conto del gigante cinese dell’abbigliamento a basso costo.

Il dato più amaro è il contrasto con le dichiarazioni di appena un anno fa. Nel marzo 2024, Leonard Lin, responsabile globale degli affari pubblici di Shein, si trovava a Roma per incontrare istituzioni e possibili partner e in quell’occasione aveva dichiarato con toni entusiasti che “l’Italia è cruciale, è per noi il terzo mercato europeo”. L’azienda aveva da poco aperto la sede di Milano e rilevato proprio il magazzino di Stradella, che era di Zalando, presentandolo come un investimento strategico per il futuro.

In Italia, oltre al magazzino di Stradella, l’azienda aveva aperto nel dicembre 2023 anche un sede a Milano per impiegare 150 designer italiani (sui 300 europei). “Stringere legami con i designer locali – disse Lin nel 2004 – è un modo per rafforzare quelli con i clienti locali, capire meglio i loro gusti e le loro aspettative”.

A meno di due anni da quei propositi, è arrivato l’annuncio della chiusura dello stabilimento di Stradella. Di tutti i lavoratori, solo una sessantina riuscirà a mantenere il lavoro attraverso ricollocamenti: 50 rimarranno a Stradella e 10 si trasferiranno a Castelsangiovanni. Shein ha sottolineato come Fiege, che gestisce il polo logistico per conto della multinazionale, sia “stata informata con oltre un anno di anticipo rispetto alla conclusione del contratto della decisione di interrompere le nostre operazioni a Stradella”.

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Un gigante da 100 miliardi di dollari

Shein è diventato negli ultimi anni uno dei colossi mondiali dell’e-commerce di abbigliamento, specializzandosi nel fast fashion ultra-economico. Fondata nel 2008 dall’imprenditore Chris Xu, l’azienda cinese ha costruito il suo successo su prezzi stracciati e una produzione seriale che rinnova continuamente il catalogo con migliaia di nuovi articoli ogni giorno. Nel 2024 gli utili del dragone dell’ultra fast fashion si sono attestati su circa un miliardo di dollari, secondo indiscrezioni riportate dal Financial Times.

Il modello di business si basa su una catena produttiva che utilizza materiali in larga parte sintetici e che collega direttamente i consumatori occidentali coi produttori cinesi, saltando intermediari e riducendo drasticamente i costi. Questa strategia ha permesso all’azienda di raggiungere una valutazione di oltre 100 miliardi di dollari e di diventare una delle app di shopping più scaricate al mondo.

Antitrust, multa 1 milione a Shein, messaggi green ingannevoli
Il modello di Shein si basa esclusivamente sugli acquisti online

La presenza di Shein in Europa è in espansione, nonostante le recenti chiusure. L’azienda sta diversificando la produzione oltre la Cina, aprendo hub prossimi ai suoi mercati, come quello in Turchia per servire l’Europa, con l’obiettivo di abbassare i costi di trasporto. Secondo Cargo Facts Consulting, Shein spedisce ogni giorno cinquemila tonnellate cubiche di merce nel mondo per via aerea.

La produzione nel fast fashion è di bassa qualità e ad alto impatto ambientale, sorpattutto per il largo uso di prodotti sintetici. Più del 60% delle fibre dei tessuti che si comprano nel settore sono sintetiche, ossia derivate da combustibili fossili.

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La multa da un milione per greenwashing

Ad agosto 2025, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha multato Shein per un milione di euro per pubblicità ingannevoli sui prodotti sostenibili. L’accusa riguarda l’utilizzo di slogan come come “Responsabilità sociale”, fibre green e sistemi di progettazione circolare, giudicati confusionari e non chiari.

Nel documento dell’Autorità viene sottolineato come le caratteristiche del modello di business di Shein siano “incompatibili con i messaggi green e sostenibili”: enormi volumi di capi venduti a prezzi bassi e concepiti per un uso limitato, spedizioni prevalentemente dalla Cina via aereo, alti livelli di rifiuti e impatto ambientale elevato.

L’impatto ambientale del colosso cinese

Secondo un rapporto della rete ambientalista Les Amis de la Terre France del 2023, Shein produce circa un milione di capi di abbigliamento al giorno, generando dalle 15.000 alle 20.000 tonnellate di emissioni di anidride carbonica (cioè il principale inquinante ambientale, primo responsabile del riscaldamento globale e della crisi climatica). In base alle stime di Business Waste, il fast fashion è associato a una quota vicina al 10% delle emissioni di gas serra prodotte ogni anno a livello globale, con un consumo d’acqua di 93 miliardi di metri cubi all’anno.

Il fast fashion produce centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti ogni anno (Greenpeace)
Il fast fashion produce centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti ogni anno (Greenpeace)

Le aziende come Shein accelerano questo impatto negativo producendo milioni di capi ogni giorno, spesso utilizzando materiali sintetici come il poliestere, derivato dal petrolio. I tessuti sintetici utilizzati da Shein contengono spesso sostanze chimiche tossiche (nonilfenoli e ftalati) che danneggiano molti ecosistemi.

Un’indagine di Greenpeace del 2022 ha denunciato la presenza di sostanze chimiche pericolose negli abiti Shein, alcune anche oltre i livelli consentiti nell’Unione Europea. Il mondo della moda è il quarto emettitore di fattori climalteranti al mondo e rappresenta un settore devastante che produce circa 83 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti tessili.

Le pressioni dell’Unione Europea

L’azienda deve ora fare i conti con la crescente pressione regolatoria europea. La Commissione europea ha formalmente designato Shein come piattaforma molto grande ai sensi della Digital Services Act, imponendo regole più stringenti. A maggio 2025, l’Unione europea ha avviato un’indagine formale su Shein per presunte violazioni della protezione dei consumatori.