UMBERTO ZANICHELLI
Cronaca

Francesco Ancona, il cold case della Lomellina: l’operaio investito da un tir, ma ha strani colpi alla testa. I dubbi già nel 1987

Oggi, 38 anni dopo, la Procura della Repubblica di Pavia indaga la vedova, Giovanna Navarra, 75 anni e Domenico Scarfò, 70 anni, per il delitto. L’intercettazione: dimmi, sei stata tu?

A sinistra l’articolo del Giorno del 13 febbraio 1987 Sopra, Francesco Ancona, morto a 48 anni. Era seppellito nel Trapanese e ora è stato riesumato

A sinistra l’articolo del Giorno del 13 febbraio 1987 Sopra, Francesco Ancona, morto a 48 anni. Era seppellito nel Trapanese e ora è stato riesumato

Mortara (Pavia) – Un episodio che non aveva convinto. Sin da subito. Già nei giorni successivi al ritrovamento del corpo di Francesco Ancona, il quarantottenne operaio edile di origine siciliana, avvenuto lungo il tratto della provinciale tra Mortara, dove risiedeva, e Ceretto Lomellina, l’ipotesi del gesto volontario, quello che al quale è stato attribuito il decesso, non era poi così certa.

Dubbi, per la dinamica della fine dell’uomo emergono anche negli articoli dell’epoca. Come scriveva Il Giorno il 12 febbraio 1987, molte risposte si attendevano dall’autopsia, subito disposta. All’istituto di Medicina Legale di Pavia, il giorno dopo, fui riscontrata una frattura alla base cranica, con ferite lacerocontuse alla tempia destra e un vasto ematoma alla mascella. Elementi sospetti, che non portarono però a una svolta nell’indagine.

Oggi però, 38 anni dopo, la Procura della Repubblica di Pavia ha deciso di riaprire il “cold case” indagando la vedova di Ancona, Giovanna Navarra, 75 anni e Domenico Scarfò, 70 anni, per l’omicidio dell’operaio edile. Secondo l’accusa la moglie, trentasettenne all’epoca, sarebbe stata la mandante e Scarfò l’esecutore.

Una messinscena: Ancona che si getta sotto un mezzo pesante, l’uomo con problemi di salute, “disoccupato”, come notano i giornali in quei giorni, che decide di farla finita. Caso chiuso. Secondo la tesi della Procura, invece, il 48enne siciliano era stato dapprima avvelenato, poi percosso violentemente e infine gettato sotto le ruote di un mezzo pesante, forse contando che le lesioni che avrebbe riportato avrebbero cancellato quelle subite in precedenza. Se si è trattato di un delitto, il medico legale di allora, ha dato ragione a chi pensava di farla franca.

Ora però la salma, che è stata riesumata il 31 luglio a Castellammare del Golfo (Trapani), sarà sottoposta a nuovi accertamenti che potrebbero scrivere un’altra storia. Per l’accusa, la moglie della vittima e Scarfò “in concorso con soggetti terzi e con premeditazione” avrebbero messo in atto il piano indebolendo Ancona con il veleno, colpendolo con un oggetto contundente più volte alla testa, cospargendo il corpo di benzina e poi investendolo con un mezzo pesante.

Lo scorso anno Giovanna Navarra era stata assolta dal Gup di Trapani dal tentato omicidio del figlio 52enne, che come i due fratelli aveva abitato in via Molino Prete Marcaro a Mortara, e che ora viveva con lei in Sicilia. Una convivenza era diventata impossibile. Per questo aveva tentato di ingaggiare un sicario. Assolta, perché il reato non è previsto, era finita sotto vigilanza. In un’intercettazione con l’uomo scelto per il delitto, lui le chiede apertamente se fosse stata lei a uccidere il marito. La vedova risponde solo con un ripetuto “ciao” e poi chiude la comunicazione.