Caso Eitan, nonno Peleg agli arresti domiciliari in Israele

La svolta dopo l'interrogatorio da parte di un'unità speciale israeliana. Il piccolo sarebbe con lui in una casa fuori Tel Aviv

Etty Peleg e Shmulik Peleg

Etty Peleg e Shmulik Peleg

Tel Aviv (Israele), 14 settembre 2021 - Svolta nel caso del piccolo Eitan, il sopravvissuto della strage del Mottarone. La polizia israeliana ha interrogato Shmuel Peleg, nonno di Eitan Biran, riguardo le accuse di aver "rapito il nipote e portato in Israele".  E dopo l'interrogatorio nonno Shmuel  Peleg è stato posto agli arresti domiciliari e gli è stato trattenuto il passaporto.  Il provvedimento degli arresti domiciliari è previsto fino a venerdì. A interrogare Shmuel Peleg è stata l'unità speciale 433.   Eitan Biran sarebbe ancora a casa del nonno Shmuel Peleg a Petah Tikva, non lontano da Tel Aviv. Lo riportano i media israeliani. Non si hanno al momento altre notizie. L'accusa contestata al nonno è di aver rapito  Eitan e di averlo portato in Israele, lo scrive Times of Israel. Eitan Biran, 6 anni, è sopravvissuto all'incidente che ha ucciso i suoi genitori, suo fratello minore e due bisnonni.  Il giornale conferma poi che oggi gli zii paterni, ai quali il piccolo superstite della tragedia del Mottarone è stato affidato, oggi ha chiesto a una tribunale di Tel Aviv che gli sia riconsegnato il bambino.

Nonno Peleg

 "Il trasferimento di Eitan in Israele è avvenuto in maniera legale e dopo una consultazione con esperti di diritto". Lo ha detto Shmuel Peleg secondo quanto riferito da Gadi Solomon, un portavoce della famiglia. Shmuel Peleg - ha continuato - ha collaborato "in pieno con gli investigatori ed ha risposto a tutte le domande". Peleg si è presentato alla polizia dopo essere stato convocato per chiarire "sul ritorno di Eitan a casa sua in Israele", come avrebbero voluto i suoi genitori. Solomon ha confermato la "limitazione" dei movimenti di Peleg fino a venerdì. 

Lo zio paterno

"Domani speriamo di sapere, grazie alla polizia israeliana, dov'è Eitan e speriamo così che torni presto da noi". Lo ha detto Or Nirko, lo zio paterno del bambino." È un buon inizio il suo arresto, spero che questa saga finisca al più presto per il benessere mentale del bambino", ha commentato ancora lo zio paterno, marito di Aya Biran, tutrice legale di Eitan. Nirko aveva lanciato ieri nuove accuse dicendo che "la famiglia Peleg trattiene Eitan come i soldati dell'esercito israeliano sono tenuti prigionieri nelle carceri di Hamas". 

L'avvocato difensore 

"A me risulta che gli sia stato chiesto di restare a disposizione della polizia". Così il legale di Shmuel Peleg, l'avvocato Paolo Sevesi, ha commentato la notizia che viene da Israele degli arresti domiciliari a carico dell'uomo per il rapimento del piccolo Eitan. Allo stato non pare che la decisione delle autorità israeliani sia legata a un mandato d'arresto italiano.  L'avvocato Sevesi ha detto che al momento può escludere che il provvedimento israeliano sia legato a un mandato d'arresto da parte della Procura di Pavia. Procura che ha iscritto nel registro degli indagati il nonno e la nonna di  Eitan per sequestro di persona.

I media israeliani

La notizia dell'interrogatorio del nonno del piccolo Eitan ha avuto eco sui media israeliani. Nel comunicato della polizia israeliana si dice che Shmuel Peleg al termine dell'interrogatorio è stato "rilasciato" e sottoposto a "misure restrittive". Il sito del quotidiano in inglese Times of Israel a questo riguardo parla esplicitamente di "arresti in casa". Anche il sito Ynet, in ebraico, definisce le misure "arresti domiciliari", così come il sito in inglese del Jerusalem Post.

Il tribunale di Tel Aviv

La zia paterna e tutrice Aya Biran, dopo che quattro giorni fa il bambino è stato portato in Israele dal nonno materno, ha presentato, attraverso legali israeliani, un'istanza al Tribunale di Tel Aviv per chiedere di far rientrare il piccolo in Italia sulla base della Convenzione dell'Aja. Infatti, l'articolo 29 della Convenzione dell'Aja consente al titolare del diritto di affido di "rivolgersi direttamente al competente tribunale per chiedere il rientro del minore sottratto, anche senza l'intermediazione delle autorità centrali». «È un'istanza prodromica e preparatrice per un'eventuale attivazione della procedura", ha spiegato l'avvocato Cristina Pagni, che assiste in Italia Aya, assieme ai legali Armando Simbari e Massimo Saba parlando dell'iniziativa della zia paterna del bambino. "C'è ancora in corso una valutazione ed è ancora aperto il tema se ad attivare la procedura sarà l'Italia o Israele", ha chiarito. Potrebbe, infatti, arrivare anche una richiesta dai legali della tutrice che dovrà passare per il Ministero della Giustizia.

 L'inchiesta italiana

Sul fronte dell'inchiesta, oltre all'attivazione di rogatorie internazionali, perché il bimbo sarebbe partito assieme al nonno e forse anche ad altre persone da Lugano con un volo privato, dopo aver superato il confine svizzero in macchina e grazie a un passaporto non riconsegnato, si allunga l'elenco degli indagati. È stata iscritta pure la nonna materna Esther, detta Etty, Cohen, ex moglie di Peleg, anche lui, ex militare e forse vicino ad ambienti dei servizi segreti israeliani, già accusato di sequestro di persona aggravato e difeso dai legali Paolo Polizzi, Paolo Sevesi e Sara Carsaniga. In più è in corso un lavoro di verifica di inquirenti e investigatori sul tragitto e sulle eventuali presenze di altri che hanno partecipato al blitz, senza trascurare l'ipotesi di un appoggio "strutturato" . Era stato lo zio paterno di Eitan, Or Nirko, ad accusare la nonna materna di complicità nel sequestro in una più ampia storia che pare intrecciare pure interessi economici legati ai risarcimenti per il disastro della funivia e motivi di educazione religiosa del bimbo. Anche se è stato riferito che la nonna sarebbe rientrata in Israele prima del giorno del rapimento. La stessa Aya aveva raccontato comunque che il nonno, quando è arrivato a prendere Eitan per la visita che gli era stata concessa, ha parcheggiato lontano dall'abitazione e non è chiaro se nell'auto ci fossero altre persone ad attenderlo.

L'ambasciata di Israele

L'Ambasciata d'Israele a Roma ha fatto sapere che sta seguendo la vicenda sin dal momento in cui si è verificato il disastro della funivia il 23 maggio e anche questo triste caso e che se ne occuperà in collaborazione con l'Italia, a beneficio del minore e in conformità con la legge e le convenzioni internazionali pertinenti. "Si spezza il cuore davanti agli ultimi e sorprendenti sviluppi legati al bambino", ha spiegato l'ambasciatore Dror Eydar.

La raccolta fondi 

La famiglia Peleg ha raccolto, con una campagna di aiuti, partita lo scorso luglio su internet, 540mila shekel, poco meno di 150mila euro. La campagna - tramite il sito israeliano specializzato Giusmehalev, 'Arruolamento del cuore, in ebraico - si è chiusa lo scorso 22 luglio ed è partita grazie ad un post di Tali, sorella di Gali Peleg, mamma di Eitan. L'entità dei fondi raccolti - hanno spiegato dal sito, precisando che tutto è stato normato da un contratto e supervisionato da un avvocato - doveva essere usata "per il sostentamento in Italia e le spese processuali" dopo la tragedia del Mottarone. Tre dei donatori - hanno aggiunto dal sito - in seguito ci hanno ripensato dicendo che non erano d'accordo con le finalità della raccolta e sono stati immediatamente rimborsati. Canale 12 ha riferito oggi che ora, dopo gli ultimi sviluppi, "molti internauti sono furiosi e sostengono che il denaro avrebbe apparentemente finanziato il volo privato di ritorno in Israele". Un altro di questi - secondo l'emittente - ha osservato che "non per questo ha donato soldi". Canale 12 ha anche aggiunto di aver contattato la Società di Relazioni Pubbliche di Ronen Tzur - che rappresenta la famiglia Peleg - ma che questa non ha voluto commentare.

 

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