REDAZIONE PAVIA

Delitto di Garlasco, già nel 2020 i carabinieri provarono a riaprire il caso. L’ipotesi: non un assassino solo, ma due

L’informativa dei militari di cinque anni fa era stata bocciata dalla Procura. "Tutti i punti segnalati come incongruenti dai carabinieri di Milano sono stati già oggetto di ampia valutazione”

Andrea Sempio e Chiara Poggi

Andrea Sempio e Chiara Poggi

Garlasco (Pavia), 13 marzo 2025 – Sul delitto di Chiara Poggi non è stata solo la difesa di Alberto Stasi, condannato a 16 anni in via definitiva nel 2015, a provare a riaprire il caso. Anche i carabinieri di Milano avevano fatto un tentativo. Risale al 2020. Allora i militari hanno inviato alla Procura di Pavia, competente per l’omicidio di Garlasco, un'informativa dettagliata per chiedere ulteriori approfondimenti fornendo un elenco dettagliato di presunte lacune per un omicidio in cui "bisognerebbe quantomeno prendere in considerazione la presenza di un correo".

Andrea Sempio esce dalla caserma dei Carabinieri Montebello di via Vincenzo Monti accompagnato dai suoi avvocati
Andrea Sempio esce dalla caserma dei Carabinieri Montebello di via Vincenzo Monti

Le indagini dei militari di Milano si attivano per alcuni episodi di pedinamento, molestie e disturbo, subiti nel 2018 dall'avvocata Giada Bocellari, ancora oggi legale di Stasi che avrebbero portato - a dire dei carabinieri - a elementi "non adeguatamente valutati". Punto su punto quegli elementi, che oggi tornano d'attualità nella terza indagine contro Andrea Sempio, fratello dell'amico della vittima e indagato per l'omicidio, vengono 'smontati' nel 2017 dalla Procura di Pavia e archiviati dal giudice per le indagini preliminari Pasquale Villani. Oggi la 'bocciatura' di cinque anni fa, a sorpresa, sembra far breccia su un altro pubblico ministero di Pavia.

Le “anomalie” segnalate nella nota dei carabinieri 

La nota informativa dei militari elenca la "serie di anomalie" nelle indagini sul delitto di via Pascoli: "sul dispenser (oltre alle due impronte di Stasi) vi sono numerose impronte papillari sovrapposte"; nel lavandino del bagno, durante il sopralluogo, "si evince chiaramente la presenza di 4 capelli neri lunghi che attestano ovviamente che il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue"; c'è un'impronta sulla parete interna della porta di ingresso su cui "non appare sia stata eseguita alcuna indagine biologica" così come sulla parete delle scale dove fu trovato il corpo senza vita della ventiseienne. Dubbi vengono sollevati, ritenendola "quantomeno parziale" la comparazione sulla suola della scarpa insanguinata.

Le telefonate verso casa Poggi

Cinque anni fa e di nuovo ora, i militari tornano a sollevare dubbi sulle "tre telefonate verso casa Poggi" ad opera di Andrea Sempio (7 e 8 agosto 2007) pochi giorni prima dell'omicidio e "il biglietto del parcheggio", consegnato dall'allora diciannovenne per dimostrare che la mattina del 13 agosto 2007 non era a Garlasco ma a Vigevano.

La tesi della Procura 

"Tutti i punti segnalati come incongruenti dai carabinieri di Milano sono stati, in realtà, già oggetto di ampia valutazione sia nei numerosi precedenti provvedimenti giudiziari che hanno definito la vicenda in questione, sia, in ultimo, nella richiesta di archiviazione del pm, recepita integralmente dal gip di Pavia nel decreto di archiviazione del marzo 2017 nel procedimento contro Sempio".

La Procura di Pavia, sempre nel 2020, sottolinea come lo stesso Comando provinciale di Milano - per sua stessa ammissione - "non ha consultato tutti gli atti (molti dei quali peraltro pubblicamente accessibili) argomentando di conseguenza con una visione assai parziale della vicenda". Le impronte digitali su cui si chiedono approfondimenti "non hanno utilità investigativa" - scrive l'allora procuratore aggiunto Mario Venditti, tesi condivisa dal gip Villani - e nel caso non escludono la responsabilità di Alberto Stasi contro il quale, a usare le parole della Cassazione, c'è "un quadro d'insieme convergente verso la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio".

Cosa aveva “inchiodato” Stasi

Le impronte del fidanzato di Chiara Poggi sono nel bagno dove si lava l'assassino, i capelli nel lavandino sono della vittima colpita alla testa con un'arma mai trovata, la suola 'a pallini' sul pavimento è di una suola 42, il numero che indossa Alberto Stasi. Per i carabinieri di Milano ci sono "alcuni elementi degni di approfondimenti investigativi, poiché, fermo restando gli elementi a carico di Stasi, bisognerebbe quantomeno prendere in considerazione la presenza di un correo". Presenza "esclusa" con assoluta certezza non solo dalla sentenza della Cassazione contro l'allora fidanzato, ma già anche dalla Procura di Pavia e dal giudice per le indagini preliminari. Muoversi negli spazi stretti, tra il bagno e l'accesso alle scale, senza lasciare tracce sul pavimento era impossibile come dimostra la condanna di Stasi e l'assenza di una seconda impronta rende impossibile l'ipotesi dei militari.

"La presenza di più persone avrebbe anzi ingombrato ancora di più il disimpegno rendendo del tutto inverosimile la presenza di una seconda persona in totale assenza di sue tracce, tracce peraltro non rinvenute né nel disimpegno, né in altre parti dell'abitazione".

Il capitolo dedicato a Sempio smontato già nel 2017

E viene 'smontato' anche l'intero capitolo che i carabinieri dedicano a Sempio chiamato in causa per una telefonata effettuata verso il telefono fisso di casa Poggi una settimana circa prima del delitto. Osservazioni che "non hanno reale consistenza investigativa" perché - scrive la procura nel 2017 e condivide il gip - , la telefonata 'sospetta' "avviene in realtà una settimana prima dei fatti; ed è vero che le telefonate tra Sempio e il telefono fisso della famiglia Poggi erano poco frequenti, ma questo deve essere considerato normale in un piccolo centro abitato dove i ragazzi hanno molte possibilità di incontrarsi di persona senza preventivamente concordare il luogo e ora". La differenza di età tra indagato e vittima "rende difficile ipotizzare un interesse di Sempio nei suoi confronti; interesse peraltro mai riferito da alcuna delle persone sentite" si legge nell'archiviazione di Pavia. E "altrettanto suggestiva, ma priva di sostanza", la vicenda dello scontrino di parcheggio prodotto da Andrea Sempio come 'alibi' per la mattina del 13 agosto 2007". Quando viene sentito la prima volta lui non esibisce alcuno scontrino a supporto delle sue affermazioni " un modo ben curioso di crearsi un alibi. Lo scontrino viene infatti rinvenuto successivamente dal padre, il quale decide di conservarlo in accordo con la madre, nonostante il figlio fosse già stato sentito dagli inquirenti, o forse proprio per questo. Va infatti ricordato l'enorme scalpore suscitato dalla vicenda in Garlasco come nel resto della provincia, ed è verosimile che i genitori abbiano voluto conservare lo scontrino proprio perché il figlio era già stato sentito, ed era quindi - ai loro occhi - in qualche modo entrato nell'indagine".

Il genetista: “Sotto le unghie di Chiara materiale degradato” 

C’è poi un altro aspetto, che mette un altro punto di domanda sull’indagine che riguarda Sempio. "Il materiale analizzato sulle unghie di Chiara Poggi era in buona parte degradato, non era quantificabile perché mischiato con abbondantissimo sangue della vittima e non comparabile. Le linee guida dicono che se viene un primo risultato già dubbio e un secondo tentativo non lo conferma, è meglio non avventurarsi in interpretazioni. I risultati erano inattendibili". Francesco De Stefano, il genetista che nel 2013 si è occupato dell'omicidio di Chiara Poggi, difende - intervistato dall'Adnkronos - le sue conclusioni. L'idea di una nuova inchiesta nasce anche sulla base del fatto che, gli sviluppi nel campo della genetica, possano dare risposte più certe. "La tecnologia in questo caso non c'entra. Di materiale da analizzare non ce ne è più dal 2013. Se ci fossero stati dei campioni ancora utilizzabili e avessero rifatto le analisi allora uno può dire la tecnologia, ma qui stiamo parlando delle stesse cose di anni fa, si tratta solo di un'interpretazione differenze degli stessi risultati" spiega. De Stefano che svolse l'analisi in un laboratorio accreditato secondo le direttive dell'epoca, ricorda che le sue conclusioni furono condivise. "Non ci sono più tracce da analizzare perché con entrambe le parti coinvolte nel processo, difesa Stasi e consulenti della famiglia Poggi, si è deciso di fare questi tentativi sapendo che avrebbero portato alla distruzione completa del materiale sulle unghie''. Il genetista invita anche alla prudenza: "Il Dna indica un contatto, anche avvenuto alcuni giorni prima, non è di per sé un'indicazione di colpevolezza" conclude De Stefano.