
L'analisi dell'impronta 33 nella consulenza di parte della famiglia di Chiara Poggi: le 5 minuzie dattiloscopiche rilevate
Garlasco (Pavia) – "Il frammento d'impronta numero 33 non è utile per i confronti dattiloscopici, la dimostrazione prodotta non supera questo giudizio e pertanto giuridicamente non può essere attribuito".

No all’incidente probatorio
È l'ultima delle tre conclusioni alle quali è giunta la consulenza dattiloscopica prodotta dai legali della famiglia Poggi, avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, che non hanno ottenuto dalla Procura di Pavia quel "definitivo accertamento sul punto, da compiersi con incidente probatorio" per avere il parere di un perito terzo sulle opposte conclusioni rispetto alla consulenza dattiloscopica depositata dalla Procura che aveva invece attribuito quella stessa impronta palmare ad Andrea Sempio, indagato nella riaperta indagine sull'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco il 13 agosto 2007.

Conclusione opposta
Nel comunicato della Procura dello scorso 21 maggio, sulla consulenza dattiloscopica redatta dai ct Giampaolo Iuliano e Nicola Caprioli, la conclusione era infatti dell'attribuzione della stessa impronta palmare 33 a Sempio "per la corrispondenza di 15 minuzie dattiloscopiche", scese a 7 nell'approfondimento tecnico chiesto ai loro consulenti dagli avvocati della famiglia della vittima. Ma non solo.
La posizione
"L'impronta 33 evidenziata sulla parete destra delle scale che conducono alla cantina di casa Poggi - è la prima delle tre conclusioni della consulenza di parte dei famigliari della vittima firmata da Calogero Biondi e Dario Redaelli - doveva trovarsi ad un'altezza dalla pedata del gradino numero 2 compresa tra cm 135 e cm 156 e ad una distanza dalla soglia di circa cm 114, in un punto facilmente raggiungibile per chiunque impegnasse la scala, curva, ripida, priva di corrimano ma soprattutto di appoggio a sinistra nel primo tratto", motivo per il quale i legali precisano che "le conclusioni formulate depongono per la sicura estraneità dell'impronta alla dinamica omicidiaria".

Anche perché non era insanguinata: "L'impronta numero 33 - è la seconda delle tre conclusioni della consulenza della parte offesa - è stata ottenuta cospargendo con spray a base di ninidrina una traccia già parzialmente evidente benché non documentata nel particolare dagli operatori del Ris. Le caratteristiche della traccia prima del trattamento appaiono quelle di un appoggio veloce, prodotto da un palmo in movimento, sudato, magari sporco, ma non insanguinato".