
Matilde Villa, 20 anni, giocatrice della Nazionale e dell’Umana Reyer: ha in tasca un biglietto per Atlanta (Bettolini)
LISSONE (Monza e Brianza) – Grinta in campo ed entusiasmo da vendere. Matilde Villa, 20 anni, radici brianzole a Lissone, stella della Umana Reyer Venezia, col pensiero va già oltre il brutto infortunio di fine maggio, quella rottura del legamento crociato nell’amichevole tra la Nazionale italiana e il Belgio. Arrivato a campionato ormai concluso, ma ha lasciato comunque il segno per gli impegni immediatamente successivi e per la stagione futura in parte compromessa.
Un brutto infortunio, niente Campionati europei, sarà un’annata un po’ diversa rispetto alle previsioni.
“Il recupero sarà lungo. Su questo non ci sono dubbi. Ora c’è tutta la riabilitazione da fare senza fretta, poi riprenderanno gli allenamenti. Non basterà: per essere competitiva sarà necessario ritrovare anche confidenza con il campo e poi con il ritmo della partita. Ci vorrà pazienza”.
Ha già fissato un obiettivo?
“Sì, in cuor mio una data c’è: quella della finale del campionato nel mese di aprile. So bene che sarò assente a lungo dai campi, ma voglio tornare in tempo per dare il mio contributo alla squadra e mettermi di nuovo alla prova ad alto livello. L’infortunio non ci voleva, è stato brutto, ma sono convinta di poterci essere per quel momento importante”.
Sullo sfondo il passaggio alla Wnba, il campionato di basket femminile più competitivo del mondo, opzionata da Atlanta.
“La scelta nel draft è il coronamento di un sogno. Non vedo l’ora di vivere questa esperienza. Ovviamente c’è stato qualche legittimo timore iniziale, ma il confronto con altre ragazze che già giocano lì, con la famiglia che è sempre di supporto, con mia sorella Eleonora che già frequenta il college negli Stati Uniti giocando a basket, sono stati un grande aiuto. Sono molto legata a mia sorella, con lei ho condiviso tante esperienze nella vita. Anche tanti sport. Entrambe, fin da bambine, ci siamo dedicate al nuoto e alla danza. E insieme ci siamo avvicinate al minibasket andando a giocare a Costa Masnaga, tappa fondamentale per la nostra crescita perché è una realtà che valorizza molto le giovani. È bello sapere che anche mia sorella sarà negli Usa, anche se in realtà gioca e studia dall’altra parte del Paese, vicino a Seattle”.
Quale il timore maggiore per la futura esperienza?
“Beh, negli Stati Uniti ci sono molte delle migliori giocatrici del mondo. Sarà anche una pallacanestro un po’ diversa. Insomma, un mondo da scoprire, e bisognerà considerare anche il cambiamento di vita. È tuttavia vero che le preoccupazioni sono anche un elemento di forza: non vedo l’ora di misurarmi con tutto questo, sia dal punto di vista strettamente sportivo sia dal punto di vista umano. Sono facilitata dalle esperienze fatte finora: giocare con atlete che arrivano da ogni parte del mondo mi ha aiutato a crescere come persona. A Venezia ho fatto anche la mia prima esperienza di vita lontano a casa, ho dovuto anche cucinare da sola! La pallacanestro poi, per me significa fare anche tante altre esperienze: finora sono stata fortunata perché, lasciata la Brianza per approdare all’Umana Reyer, ho avuto la possibilità di vivere l’atmosfera veneziana e scoprire una splendida città. Questo chiederò anche alla mia futura esperienza”.
Cosa significa approdare alla prestigiosa Wnba senza aver fatto la trafila del college? Si sentirà penalizzata o invece una star?
“È bello vedere che qualcuno crede nelle mie potenzialità e mi ha notata. Io negli anni sono passata alla Umana Reyer Venezia proprio perché in cerca di nuove sfide. Ho sempre desiderato giocare ai massimi livelli, confrontarmi con le campionesse dell’Eurolega. Il risultato non è stato pari alle nostre aspettative, ma giocare contro le corazzate d’Europa è stato stimolante. Mentalm
e nte sono pronta a mettermi in gioco anche nella Wnba. Resta il rammarico di non poter fare l’esperienza del college, che mi ha sempre attirato e di cui sento parlare un gran bene da parte di mia sorella, ma c’è soddisfazione per essere stata scelta al draft”.Nella Nba maschile gli europei, una volta considerati scarsi, oggi sono spesso un punto di riferimento. Nella Wnba che tipo di considerazione si aspetta?
“La considerazione bisogna sempre guadagnarsela. Ho l’impressione che nel basket femminile la situazione sia differente rispetto alla Nba. Nella Wnba c’è ancora un bel divario tra Stati Uniti e resto del mondo. Le eccezioni, ovviamente, non mancano. In Europa ci sono giocatrici fenomenali. A noi, definite international, il compito di portare poco per volta sempre più Europa anche oltreoceano e di fare crescere il movimento cestistico qui in Italia. Sarà un’esperienza da vivere con entusiasmo e con la speranza di essere un valore aggiunto”.