STEFANIA TOTARO
Cronaca

Meda, brutale aggressione a Capodanno: i minori del branco chiedono il rito abbreviato

Il gruppo aveva assalito e picchiato un pachistano ubriaco. L’unico maggiorenne ha concordato 4 anni e 11 mesi per tentato omicidio

Meda (Monza)  – Per la brutale aggressione di gruppo ai danni di un pachistano a Capodanno 2023 a Meda, dopo il patteggiamento dell’unico maggiorenne del branco, chiedono il processo con il rito abbreviato i quattro allora minorenni. Il 20enne di Cabiate ha concordato con la Procura di Monza la pena di poco meno di 4 anni e 11 mesi di reclusione, accettata dalla gup del Tribunale di Monza Angela Colella.

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L'aggressione a Meda nella notte di Capodanno ripresa dalle telecamere di videosorveglianza

All’udienza si è costituito parte civile con l’avvocato Francesco Ferreri la vittima del tentato omicidio, un 34enne pachistano residente a Meda, a cui il 20enne ha versato un piccolo acconto del risarcimento del danno. Con il 20enne erano stati arrestati dai carabinieri anche il fratello, ora diventato maggiorenne e altri due minorenni, ora 16enne e 17enne residenti a Seregno, che dopo l’interrogatorio di garanzia sono stati mandati in una comunità educativa e ora sono sottoposti alla misuta della permanenza a casa. Quarto indagato un ragazzo ora 18enne, residente a Seregno, ancora in comunità.

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Per loro la Procura per i minori di Milano ha chiesto il giudizio immediato, che era stato fissato ad ottobre, ma tutti hanno chiesto di essere processati con il rito abbreviato, fissato davanti al giudice per le udienze preliminari del Tribunale per i minorenni di Milano l’8 novembre. Alcuni di loro si proclamano innocenti.

Secondo la ricostruzione il pachistano, che camminava, palesemente ubriaco, nel centro con un connazionale, era stato accerchiato e picchiato dal branco e poi ferito gravemente all’addome con un coccio di bottiglia. A sferrare il fendente l’unico maggiorenne. L’amico della vittima era scappato terrorizzato e il pachistano era stato lasciato a terra in strada.

Dalle testimonianze raccolte dai militari è emerso tra il gruppetto di amici, almeno una decina, che si trovavano sul luogo dell’aggressione, un clima di intimidazione e minacce da parte dei due fratelli per impedire agli stessi amici presenti al tentato omicidio, nel frattempo chiamati dai carabinieri, di identificare i responsabili. Dalle testimonianze emerge anche che il fratello minorenne dopo l’aggressione volesse prendersi la colpa di essere l’autore del fendente, per evitare al fratello maggiore “ulteriori problemi” perché aveva già una denuncia da minorenne, “per avere preso a martellate una persona”, per cui aveva ottenuto il perdono giudiziale.