
Una delle immagini registrate dagli investigatori sui traffici al centro di via Tazzoli
In via Tazzoli era venuto a lavorare quando scontava gli ultimi 8 mesi di detenzione al carcere di Opera, aveva il suo alloggio e un magazzino nel seminterrato. Solo che al Centro Polifunzionale al quartiere San Fruttuoso, non si occupava solo di giardinaggio e piccoli lavoretti, ma ci aveva impiantato un centro dello spaccio, da transitavano decine di chilogrammi di droga. Hashish, marijuana.
Perché secondo la Direzione distrettuale antimafia di Milano, Marco Malugani, 51 anni, era un esponente di spicco della ’ndrangheta di Lecco, già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’operazione “Oversize“ (rifiuti), perché "appartenente alla feroce organizzazione criminale facente capo al boss Franco Coco Trovato". Come spiegavano le 688 pagine del decreto di fermo che lo aveva colpito lo scorso febbraio, Malugani era uno dei vertici di un sodalizio appena stroncato da un’imponente inchiesta che aveva visto lavorare fianco a fianco la polizia di Lecco e i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano. E che aveva sgominare tre bande attive fra Milano, Monza, Como e Lecco con 12 ordinanze di custodia cautelare e 17 decreti di fermo oltre a decine di perquisizioni. Bande che importavano ingenti quantità di droga (una tonnellata al mese) fra hashish, marijuana e cocaina, soprattutto dalla Spagna. Secondo gli inquirenti Malugani "ricopriva il ruolo di promotore, organizzatore e coordinatore dei traffici, senza tuttavia sottrarsi alle attività come il trasporto, la custodia, l’acquisto e la cessione delle sostanze stupefacenti".
Le immagini riprese dalle telecamete nascoste degli investigatori al centrodi via Tazzoli documentano con precisione l’andirivieni a San Fruttuoso. Borsoni o scatoloni da 30 chili cadauno che vengono caricati su una Renault Clio e smistati ai corrieri. Significativi gli stralci delle conversazioni intercettate, "è bella questa, non è bagnata", mentre la sostanza veniva consegnata a intermediari dai soprannomi pittoreschi come “il Pelato“ o “Preghiera“. Manovre e scambi a volte frenetici, come quando Malugani fu costretto a svuotare "in fretta e furia" il magazzino in odor di sequestro.
Sul caso si era espresso Marco Fraceti, presidente dell’Osservatorio Antimafie di Monza e Brianza. Chiedendo spiegazioni al Comune di Monza.
Da.Cr.