"La Villa Reale, edifizio artistico con un suo stile ben definito, è la cornice più adatta per ospitare quella che dovrebbe essere la mostra del nuovo stile?". Con questa domanda pungente posta nel 1927 dallo storico dell’arte Roberto Papini, si aprirà il dibattito che martedì alle 18 animerà Cuore (Centro studi, archivi e ricerca della Triennale).
Un interrogativo che, a cento anni dalla II Biennale delle Arti decorative di Monza, resta ancora capace di accendere riflessioni sul difficile rapporto tra l’arte contemporanea e gli spazi storici che la ospitano. Organizzato in collaborazione con il Centro documentazione Residenze Reali lombarde (Cdrr), il convegno coinvolgerà il direttore del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza Bartolomeo Corsini, la presidente del Cdrr Marina Rosa, l’assessora alla Cultura di Monza Arianna Bettin e alcuni esperti legati alla Triennale Milano, con l’obiettivo di ripercorrere il percorso che portò la Biennale da Monza a Milano, trasformandola nella Triennale che oggi tutti conosciamo.
La Villa Reale di Monza, nel suo impianto neoclassico firmato da Giuseppe Piermarini, fu scelta negli anni ’20 come sede delle prime edizioni della Biennale. Allora, come oggi, la città ambiva a essere un polo culturale capace di dialogare con il mondo. Ma proprio quella vocazione comportò trasformazioni radicali: "Più di una stanza di quella Villa veniva trasformata in cappella, in bottega, in sartoria, in centralino telefonico, perfino in macelleria", scriveva Papini.
Nel corso del dibattito si discuterà del perché la Villa fu ritenuta inadeguata a sostenere le esigenze delle mostre, sempre più ingombranti. "Nel nostro volume, pubblicato da Mimesis, abbiamo raccolto fotografie d’epoca e schede dettagliate sugli allestimenti realizzati durante le Biennali – spiega Marina Rosa –. Interventi molto impattanti, anche sullo scalone monumentale e sul salone centrale. Questo fu l’elemento che fece decidere il trasferimento, seppur in quegli anni la Biennale e la Mia (Mostra internazionale dell’arredamento) diedero visibilità a Monza e alla Villa, rendendola luogo vivissimo e fibrillante, ripopolata dopo lo svuotamento del primo Novecento".
"Per noi è un incontro importante – sottolinea il direttore del Consorzio, Bartolomeo Corsini – perché ci consente di rimarcare l’identità plurima che contraddistingue la Reggia, un complesso monumentale che vanta una storia plurisecolare di carattere europeo, ma anche un’affinità con il design".
A.S.