
Don Claudio Burgio a Monza
Presentata a Monza nei giorni scorsi l’associazione “Io non ho paura del buio“, promossa da Alfredo Francavilla e Maria Cristina Lorusso, genitori di due ragazzi quindicenni, aggrediti e picchiati a sangue a Milano, lo scorso 7 febbraio, all’Arco della Pace, da una banda di coetanei poco più grandi. "Si è trattato di un’aggressione non per rubare, ma per il puro gusto di pestare a sangue dei ragazzi", sottolinea Alfredo Francavilla.
Episodi di violenza a cura di bande di ragazzi sempre più giovani non hanno quartiere, non riguardano solo la metropoli, ma anche la Brianza. Per questo motivo i due genitori stanno dando vita all’associazione, desiderosi di creare una rete che penetri Milano, la Brianza e poi tutta la Lombardia, per sensibilizzare i giovani delle scuole e dei centri di aggregazione, per dare voce alla loro rabbia e al loro disagio, nella speranza di porre fine a questi atti di violenza. Chi desidera contattare l’associazione può scrivere direttamente alla presidente a cris.lorusso75@gmail.com.
“Io non ho paura del buio“ è stata presentata all’istituto Leone Dehon di Monza, durante l’incontro “Che ne sanno i Duemila - Generazione Rabbia“, promosso dalla scuola, insieme con la consigliera regionale Martina Sassoli e Francesco Cirillo, consigliere della Provincia di Monza e Brianza.
L’avvocato Marco Negrini, presidente della Camera Penale di Monza, ha tracciato l’identikit dei giovani che arrivano nel suo studio. "Sono adolescenti arrabbiati per non essere ascoltati – dice – che perciò trovano il modo per farsi ascoltare". Spezza una lancia in favore delle famiglie l’avocato: "Smettiamola di colpevolizzare la famiglia. Si tratta di una serie di concause – continua – fragilità economiche, sociali e morali. Se la famiglia può essere una delle cause, può anche diventare una risorsa, quando il dolore porta a spendersi per il recupero dei figli. Troppi sì? Non è un errore se ripagato dalla fiducia. Troppi no? Anche quelli creano frustrazione. Più che mettere in campo un’assistenza al minore fragile, proporrei l’assistenza alla famiglia fragile. Non sono d’accordo con l’abbassamento dell’età perseguibile dai 14 ai 12 anni, perché prima dei 14 anni non si è ancora sviluppata l’esperienza e la formazione necessaria, per capire la valenza della sanzione".
Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria, ha ricordato che lì approdano ragazzi poveri, svantaggiati e immigrati, ma anche ragazzi di buone famiglie, incredule di avere un figlio in prigione. "Tutto nasce dal disprezzo di sé – è la considerazione di don Claudio – dal senso di inadeguatezza rispetto alle aspettative di successo e visibilità. Ciò genera frustrazione che diventa dispetto agito. Dobbiamo andare alle radici della violenza, insegnando che l’insuccesso è parte della vita".
Cristina Bertolini