
Nella casa circondariale sono recluse circa 500 persone con problemi di tossicodipendenza
Quando si sono visti arrivare anche un ordine di servizio che in pratica accorpavndo reparti e funzioni aumentava i carichi di lavoro non ci hanno visto più. C’è tensione alla casa circondariale di via Sanquirico a Monza, La Segreteria regionale della Uilpa-polizia penitenziaria ha preso carta e penna e ha scritto al Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per contestare ufficialmente gli ultimi provvedimenti organizzativi adottati nella struttura monzese. Forte la richiesta di aprire una forma di confronto e dialogo annullando le ultime disposizioni. La situazione in carcere è grave, come comunicato di recente in Consiglio comunale dalla direttrice Cosima Buccoliero e come approfondito dai sindacati (anche la Cgil) nella struttura monzese sono detenute circa 730 persone a fronte di una capienza di 411 posti. A giugno si è toccata quota 750. Al carcere di Monza il sovraffollamento è quasi dell’80 per cento, il che significa che ci sono quasi 8 persone ogni 4 posti disponibili. "Una situazione dura da sostenere" ha detto Silvia Papini, segretaria della Fp Cgil Monza Brianza. Spazi ridotti e strapieni, il caldo insopportabile, tanto che in città sono state avviate raccolte fondi (il gruppo EasyMonza e il consigliere comunale Paolo Piffer) per dotare i detenuti di ventilatori. In questa situazione, il personale è sotto pressione. Circa 500 persone ristrette hanno problemi di tossicodipendenza, le persone straniere sono 347. A tutto questo si sommano episodi critici sempre più frequenti: 359 interventi disciplinari in sei mesi, 10 aggressioni, 29 oltraggi e violenze verbali, 71 colluttazioni, un incendio ha spiegato la direzione della casa circondariale. Gli agenti di polizia penitenziaria troppo pochi: a fronte di un organico di 296 unità, in servizio effettivo ci sono solo 278 agenti, costretti a turni massacranti. La Uilpa, per bocca del segretario generale reggente Pierpaolo Giacovazzo e del prtesidente regionale Domenico Benemia, denuncia addirittura il rischio di forme di autogestione dei detenuti: "Dalle segnalazioni che ci pervengono, all’interno delle sezioni i detenuti sarebbero liberi fare ciò che vogliono. Fatti che, se confermarti, sarebbero molto gravi. Accorpando i posti di servizio viene meno garantita la vigilanza che porta a una quasi autogestione".