STEFANIA TOTARO
Cronaca

Tragico parto in casa a Concorezzo, ostetrica milanese condannata: "Bastava seguire le regole per salvare il neonato"

Il bimbo strozzato dal cordone ombelicale e morto dopo due giorni dal ricovero in ospedale. Condanna a un anno e mezzo per una professionista di 70 anni. Le motivazioni: dall’assenza di una collega alla mancata valutazione dei pericoli

Un neonato in una foto di archivio

Un neonato in una foto di archivio

Concorezzo (Monza e Brianza) – "La scelta di procedere al parto domiciliare senza valutare il rischio legato al peso del bambino, l’aver consentito che al parto non fosse presente una seconda ostetrica, il mancato preavviso all’ospedale, il notevole ritardo nella richiesta di intervento dei soccorritori", tutte linee guida che "se fossero state seguite, il neonato sarebbe sopravvissuto".  

Le motivazioni della sentenza 

Queste le motivazioni per cui il giudice del Tribunale di Monza Carlo Ottone De Marchi ha deciso di condannare a 1 anno e mezzo di reclusione, con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna sul certificato penale, l’ostetrica 70enne milanese Anna Maria Cuozzo, imputata di omicidio colposo per il bimbo fatto nascere in casa ma strozzato dal cordone ombelicale e morto dopo due giorni dal ricovero. Per la donna il giudice ha disposto la sospensione dalla professione per 5 anni e il pagamento del risarcimento dei danni, con una provvisionale immediatamente esecutiva di circa 250mila euro, alle parti civili rappresentate dai genitori del neonato, una coppia di quarantenni residenti a Concorezzo, anche a favore della loro figlioletta primogenita.

La richiesta della pm 

Per l’imputata la pm monzese Sara Mantovani aveva chiesto la condanna a 2 anni anche per le presunte lesioni provocate alla partoriente. "L’imputata ha tenuto un atteggiamento di assoluta trascuratezza nel prevedere eventuali criticità, dovute anche al fatto che il feto era di grosse dimensioni, e non le ha manifestate alla partoriente e al marito - ha sostenuto la pm -. La presenza di una seconda ostetrica sarebbe stata indispensabile ma l’imputata si sentiva sicura. Invece con le complicanze nel parto, l’ostetrica resta pietrificata, va completamente nel pallone, pensa addirittura che il bambino sia già morto. Non è lei che chiama i soccorsi, non segue le ambulanze e non si presenta in ospedale".

La posizione dell’ostetrica 

La settantenne è stata sentita in aula. "Avevo chiesto alla signora, che al primo parto aveva avuto una bruttissima esperienza in ospedale e per questo voleva partorire in casa, la presenza di una seconda ostetrica, ma non ha voluto. Solo un altro paio di volte mi era successo di fare da sola in quasi 1.000 parti seguiti in 30 anni di professione". Secondo l’imputata non c’erano campanelli di allarme per consigliare un parto in ospedale. "Il bimbo non era di grosse dimensioni e il parto è stato veloce, ma il cordone ombelicale ha impedito la torsione delle spalle, bloccandolo".