Gussago, 8 milioni sotterrati in giardino. Da dove arrivano i soldi? Altro denaro nascosto

Giuseppe Rossini e la moglie Silvia Fornari sarebbero alla base di un raggiro da 93 milioni di euro L’accusa: "Mezzo miliardo di fatture false e soldi portati anche all’estero"

La coppia e la ruspa che ha trovato i soldi in giardino

La coppia e la ruspa che ha trovato i soldi in giardino

"Hanno intenzione di fornire la massima collaborazione alla giustizia. E daranno una mano per trovare altri soldi". Soldi occultati all’estero, quantificabili in poco meno di due milioni. Parola dell’avvocato Lorenzo Cinquepalmi, il legale che assiste Giuseppe Rossini e la moglie Silvia Fornari, i coniugi finiti in carcere – lui si è costituito nelle scorse ore nell’istituto penitenziario di Cremona, lei a Verziano, a Brescia – nell’ambito di una maxioperazione di carabinieri e finanza per una frode fiscale di proporzioni vertiginose. Mezzo miliardo di fatture false. Tasse evase per 93 milioni.

Giuliano Rossini e la moglie Silvia Fornari
Giuliano Rossini e la moglie Silvia Fornari

Riciclaggio. La coppia, nessuna grana giudiziaria alle spalle se non bazzecole amministrative, per chi indaga è al vertice di un articolato business illegale di famiglia in cui risultano coinvolti pure il figlio Emanuele e la zia materna Marta Fornari (questi ai domiciliari).

"Professionisti della frode che hanno eletto il crimine a stile di vita" ha scritto nella sua ordinanza il gip Matteo Grimaldi riferendosi a marito e moglie, e che per questo a detta del giudice non possono che stare dietro le sbarre.

Quarantasei anni lui, 40 lei, di mestiere rottamai, i Rossini vivono in una casa che non dà nell’occhio a Gussago, 16mila abitanti ai piedi della Valtrompia, terra che con metalli, rottami e affini ci ha fatto fortune. Zero fronzoli. Girano in utilitaria oppure li si vede spingere sui pedali della bicicletta. Mantengono uno stile di vita sobrio. Ma carabinieri e finanza in un terreno incolto nelle pertinenze della loro abitazione hanno dissotterrato la bellezza di otto milioni in contanti. Banconote perlopiù da 20 e da 50 euro, sigillate minuziosamente in buste ermetiche infilate in pozzetti e poi coperte di terra. E all’appello mancherebbero altri soldi, appunto un paio di milioni occultati all’estero, che i coniugi intendono far trovare.

Ascoltati dai gip per l’interrogatorio di garanzia, i presunti boss non hanno risposto alle domande, ma con dichiarazioni spontanee hanno ammesso gli addebiti. "I miei assisititi non sono scesi nel dettaglio della contestazioni, contenute in oltre 70 pagine, ma lo faranno più avanti – prosegue l’avvocato Cinquepalmi –. Spiegheranno tutto al pm Claudia Passalacqua, da cui vorrebbero farsi interrogare quando avranno meglio presenti gli atti".

In attesa di avere delucidazioni dagli insospettabili, inquirenti e investigatori sono convinti che quel tesoro disseppellito dalle ruspe e dai cani esperti a fiutare bigliettoni sia parte di una montagna di fondi neri accumulati in anni con magheggi intessuti con società cartiere e triangolazioni estere, meccanismi secondo l’accusa gestiti direttamente da Gussago, da una sorta di ufficio casereccio impiantato in un cascinale. Vi era stato installato il router per la connessione web con cui le società fittizie bonificavano fiumi di denaro su conti correnti aperti in mezzo mondo – da Hong Kong alla Polonia, dalla Romania alla Slovacchia passando per Ungheria e Croazia – che poi tornava in Italia mediante spalloni incaricati del trasporto contanti.

Stando alla prospettazione accusatoria nel "sistema Rossini" erano coinvolte oltre 70 persone – imprenditori, faccendieri, prestanome – ingaggiati in una struttura stabile e organizzata, con provvigioni del dieci per cento garantite agli associati. Per ventisette sono scattate le misure cautelari (22 tra carcere e domiciliari, 5 sottoposti agli obblighi di firma).