
Marcella Bounous nello staff delle Farfalle e l’esibizione improvvisata delle atlete all’aeroporto
Desio (Monza) – “Se l’atleta sta bene, in primis dal punto di vista mentale, rende bene. Con un grande lavoro di squadra, lo abbiamo dimostrato”. Marcella Bounous, pedagogista e psicologa di massimo livello, è la “professionista delle emozioni“ che nell’ultimo anno e mezzo ha seguito da vicino il percorso delle Farfalle verso Parigi.
Da quando la Federazione, dopo la bufera per le denunce per presunti abusi e maltrattamenti psicologici da parte della direttrice tecnica Emanuela Maccarani (è di ieri la notizia che la Procura ha chiesto l’archiviazione del caso per lei e per l’assistente Olga Tishina), ha scelto lei “per vigilare sul rapporto tra atleti e tecnici presso la predetta Accademia – aveva spiegato la stessa FGI – segnalare senza indugio eventuali anomalie e relazionare ogni sessanta giorni al Commissario circa l’attività svolta”. Un lavoro che dal “vigilare” si è trasformato in “accompagnare”, in piena simbiosi e sinergia con l’intero staff della Nazionale.
Come ha vissuto personalmente l’esperienza olimpica?
“Un’esperienza indescrivibile, unica, che puoi capire solo vivendola. Stare 24 ore a contatto con le ragazze e lo staff, in un contesto meraviglioso come il Villaggio Olimpico, ti permette di capire tutti i meccanismi e assaporare tutti i momenti. Sono grata alla Federazione per avermi convocata, anche perché la nostra figura è sempre un po’ trascurata. Nell’intero Team Italia eravamo 3 o 4 mentre in altri Paesi è un aspetto molto più valorizzato. In questo la Federginnastica ha permesso un passo avanti culturale”.
Di cosa si è occupata in queste settimane e con quale focus?
“Abbiamo lavorato tanto di staff, anche prima di Parigi, con Emanuela Maccarani, Olga Tishina e Valentina Rovetta, con le coreografe Federica Bagnera e Alessandra Valenti, poi i fisioterapisti, i medici. Abbiamo discusso e condiviso momenti, scelte, interventi. Abbiamo elaborato un programma per fare arrivare le ragazze più pronte e serene possibile, con la vittoria da ricercare attraverso lo stare bene, non come ossessione. Non abbiamo lasciato nulla al caso, curando tutti i dettagli con cuore e attenzione”.
Come hanno vissuto le ragazze questa esperienza? C’era in loro un desiderio di rivalsa dopo tutto quello che è successo?
“È un gruppo magico, con il giusto amalgama tra più esperte e giovani. Non era scontata la qualificazione per Parigi e l’hanno raggiunta con grande impegno e professionalità. Sapevano che una gara olimpica è diversa da tutte le altre, contano mille fattori, ma si sono preparate al meglio. Non c’era voglia di rivalsa verso nessuno, volevano confermarsi dopo la medaglia di Tokyo e soprattutto volevano dimostrare di essere un gruppo sano, ben allenato, con la voglia di arrivare in alto. Ma era per loro stesse, non un messaggio verso l’esterno, anche nella dedica della medaglia alla Maccarani”.
Come ha vissuto lei, la tanto discussa regina della ritmica, questo lungo periodo con le denunce prima e il podio olimpico poi?
“Lei ha una qualità rara nei tecnici di alto livello: saper gestire il momento gara con calma, decisione, qualsiasi cosa accada, trasmettendo fiducia alle atlete. Non si fa mai trovare impreparata. E la stessa calma e determinazione l’ha dimostrata in questo periodo difficile, focalizzandosi sul lavoro da fare”.
Come avete agito, concretamente, per le atlete?
“Insieme abbiamo lavorato sulle singole ragazze, partendo dal loro vissuto personale, ma anche e soprattutto dal concetto di squadra, che è prioritario. Abbiamo sottolineato quali sono i comportamenti e gli atteggiamenti corretti, per far risaltare il gruppo, nel benessere di ciascuna. Abbiamo lavorato tanto sulla prevenzione, per evitare che qualche ragazza potesse andare in difficoltà, intervenendo subito in caso di stanchezza o segnali di affaticamento, fisico o mentale. A volte, con atlete che si allenano otto ore al giorno in palestra, occorreva frenare un po’, dare un po’ più di riposo, per permettergli di ricaricarsi”.