DARIO CRIPPA
Cronaca

Viaggio tra i peruviani di Brianza. “Fuggivamo dalla miseria, ci avete accolti”

In provincia ci sono cinquemila persone, impiegate come badanti, infermieri o fattorini. “Siamo integrati, dinamici e felici di questo nuovo Papa. La seconda generazione si sta rifacendo con lo studio e l’impegno”

Costumi tradizionali per sfilare nelle strade del centro storico di Monza

Costumi tradizionali per sfilare nelle strade del centro storico di Monza

Monza – Il sogno – un giorno – è quella di riuscire a convincere l’Ambasciata peruviana a prestarglielo per portarlo in tour anche a Monza. È il presepe delle Ande, uno dei presepi più colorati, festosi e allegri che si conoscano, ricco di simboli d’eccellenza della cultura andina come il condor, il bestiame, i fiori, le piante. Lo avevano regalato a papa Francesco in occasione del Natale del 2021 e, ora che è tornato all’Ambasciata, l’Associazione culturale monzese “Perù Amico d’Italia” lo vorrebbe portare in Brianza. Ma è soltanto una delle mille idee che da qualche giorno a questa parte hanno riempito di gioia ed entusiasmo una delle comunità più vivaci, giovani, integrate del Sud America.

Ne parla Ana Maria Bobadilla Vilchez, la presidentessa dell’associazione. Ana Maria del resto, era già riuscita un anno fa a portare tre alpaca, animali simbolo del Perù, davanti al Duomo di Monza in occasione delle celebrazioni per il 201esimo anniversario dell’Indipendenza del Perù e per 150 dell’amicizia diplomatica fra Perù e Italia.

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La tenerezza dei bambini a contatto con gli alpaca

La notizia che il nuovo papa era Robert Prevost, statunitense ma con doppia cittadinanza peruviana, a lungo missionario in Perù da cui si è portato in Vaticano come segretario personale anche un amico sacerdote proveniente proprio da Chiclayo, ha fatto esplodere di gioia i tanti peruviani che vivono e lavorano in Brianza.

“Siamo fatti così, siamo una comunità dinamica e perfettamente integrata. Io sono qui da oltre vent’anni” racconta. Un diploma di ragioneria, in Italia ha cominciato dal basso, dai gradini più umili e poi, dal lavoro in ambito socio-sanitario come tante connazionali, ha fatto strada. E oggi è imprenditrice, mediatrice e promotrice culturale, attiva nell’organizzazione di eventi, conferenze e scambi fra i due Paesi. “Ho una figlia grande con un cognome Inca che è cresciuta e ha studiato qui. Quando noi peruviani siamo arrivati in Italia fuggendo da una crisi e dalla miseria che viveva il nostro Paese, tanti erano medici, professionisti, scienziati che hanno accettato di fare i lavori più umili pur di integrarsi nella comunità italiana. Oggi ce ne sono cinquemila in Brianza, oltre mille soltanto a Monza. Lavoriamo nella sanità, soprattutto le donne sono impiegate come infermiere negli ospedali e nelle Rsa, mentre gli uomini lavorano tanto nella ristorazione e nella logistica. Quando vi arriva a casa un pacco o una pizza, state tranquilli: spesso a portarvelo è proprio un rider peruviano”.

Ma non solo. Molti peruviani occupano ruoli cardine nella ristorazione, lavorano nei bar (“ho appena preso un caffè e ho scoperto che a servirmelo al bancone c’era un ragazzo del mio Paese” sottolinea orgogliosa Ana Maria) o nei ristoranti, ce ne sono cinque tipici in Brianza, e “tanti stanno studiando e diventeranno professionisti e imprenditori. Siamo alla terza generazione, anzi dispiace solo quando si perdono un po’ le radici, molti ormai non sono più registrati come peruviani ma come Italiani a tutti gli effetti”.

Perché Monza? “Qui abbiamo trovato accoglienza – ricorda Ana Maria –: sono originaria di Trujillo ma ho un debito di riconoscenza con questa terra e in particolare nei confronti di Pietro Mazzo, storico presidente dell’Unione società sportive di Monza e Brianza. Cominciò a ospitarci in autodromo e ci fece sempre sentire la sua vicinanza: per scherzare diceva che i monzesi sono un po’ freddi e c’era bisogno del nostro calore”. E poi ancora: “La nostra comunità è dinamica e cattolica, eravamo profondamente legati a papa Francesco e quando è morto per molti di noi è stato come se fosse morto un parente... ma ora c’è il nuovo papa, uno di noi, un missionario in Perù che non aveva paura di camminare nel fango a dorso di mulo".