Ceriano Laghetto, Gianetti: licenziamenti legittimi. Ecco cosa ha detto il giudice

L’azienda se la cava con un rimprovero: sbagliato comunicare la decisione dalla sera alla mattina con una mail

I 152 lavoratori della Gianetti Ruote di Ceriano Laghetto hanno difeso lo stabilimento fin

I 152 lavoratori della Gianetti Ruote di Ceriano Laghetto hanno difeso lo stabilimento fin

Caso Gianetti , ennesima beffa per i 152 lavoratori. L’azienda di Ceriano Laghetto (di proprietà del fondo tedesco Quantum Capital Partner) è stata ‘ripresa’ dal giudice perché avrebbe dovuto comunicare meglio ai lavoratori e ai sindacati la situazione e le prospettive dell’attività invece di licenziare dalla sera alla mattina gli operai, ma non ha subito alcuna condanna. Anzi, dopo l’udienza di ieri in Tribunale a Monza per l'appello dei sindacati contro la sentenza che il 12 ottobre aveva respinto il ricorso dei sindacati contro un licenziamento collettivo fuori dalle norme, i lavori tornano a casa a mani vuote. "Chiedevamo l’annullamento dei licenziamenti, volevamo che si verificasse se quanto accaduto dal 3 luglio a novembre, ovvero dalla comunicazione improvvisa via mail della chiusura della storica fabbrica di ruote al suo smantellamento definitivo, fosse stato rispettoso delle regole che tutelano i diritti dei 152 lavoratori lasciati a casa – le parole di Vittorio Sarti, segretario regionale della Uil Metalmeccanici –. E invece… Da una parte siamo soddisfatti perché è stato riconosciuto il comportamento antisindacale da parte dell’azienda per il periodo precedente lo scoppio della crisi, ma dall’altra parte ci saremmo aspettati l’annullamento dei licenziamenti". Insomma, come nella sentenza di primo grado, "non pare ravvisabile alcuna violazione della norma citata, avendo la società resistente ritualmente inoltrato il 3 luglio 2021 alle sigle ricorrenti compiuta comunicazione scritta di avvio della procedura di licenziamento collettivo, da intendersi preventiva alla riduzione del personale, non già a qualunque altra comunicazione con i lavoratori". Una sentenza a loro favore, invece, avrebbe permesso ai 152 lavoratori di guadagnare una manciata di mesi di stipendio. Si sarebbe, in sostanza, tradotta in una sorta di risarcimento economico dato dai mesi di differenza tra la procedura eventualmente annullata e quella poi definita a inizio ottobre. Nessuno ha mai avuto l’illusione di poter tornare a lavorare in quella fabbrica, ormai totalmente smantellata. In ogni caso "valuteremo con i nostri legali se e come procedere davanti a questo pronunciamento", la cautela di Sarti. Preannuncia già battaglia, invece, Pietro Occhiuto della Cgil: "Davanti a una sentenza che dichiara la condotta antisindacale, ma non revoca la procedura, noi faremo ricorso. Vogliamo la vittoria piena, anche con l’annullamento dei licenziamenti". Restano, per ora, in piedi le cause che i lavoratori (la maggior parte nel frattempo ha trovato un nuovo impiego, mentre una cinquantina tira avanti con l’indennità di disoccupazione) hanno avviato per farsi almeno pagare le ferie che hanno dovuto utilizzare mentre la fabbrica era chiusa. E poi c’è il futuro dell’area industriale dismessa di via Stabilimenti: per questo tema è stata convocata una audizione alla Commissione attività produttive di Regione Lombardia, su richiesta del consigliere brianzolo Andrea Monti, fissata in calendario il 24 febbraio.