DANIELE DESALVO
Cronaca

Treno fantasma a Carnate, una corsa di 14 minuti fino a 80 all’ora: falle nella sicurezza

Lo schianto di due anni fa, il dossier della commissione d’inchiesta: non fu solo una leggerezza

Il regionale deragliato a Carnate

Paderno d'Adda (Lecco) - Non fu solo la leggerezza di chi sarebbe dovuto rimanere ai comandi, ma anche un insieme di cause tecniche, fra cui la manutenzione non corretta e il sistema dei freni, che si sbloccavano da soli, in modo imprevisto. Se l’indagine di pm monzesi non è ancora approdata a una svolta, i tecnici della commissione d’inchiesta ministeriale hanno capito sia potuto accadere che un treno senza macchinisti potesse partire dalla stazione di Paderno, nel Lecchese, viaggiare da solo per un quarto d’ora e poi schiantarsi a 80 all’ora su un binario morto. Era accaduto a Carnate, Monza, la mattina del 19 agosto 2020. Dalle lamiere contorte uscì ferito in modo lieve l’unico passeggero.

I super-esperti della Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime hanno depositato la loro relazione sull’accaduto, ricostruendo istante per istante i fatti. "Si identificano due aspetti – spiegano gli investigatori –. Uno di tipo tecnico, relativo alla venuta meno della modalità “parking“ l’altro di natura umana, dovuto al mancato rispetto dell’obbligo di presidio del convoglio da parte del personale". Tradotto: qualcosa è andato storto nelle procedure e nel sistema di parcheggio. "Si ipotizza che l’indebita sfrenatura possa essere stata causata da una non corretta immobilizzazione del convoglio ed eventualmente anche da un’anomalia dell’impianto", spiegano i periti.

Il freno socchiuso
Il freno socchiuso

In sostanza, la chiave dovrebbe uscire dal quado quando il sistema ad aria compressa è chiuso. Invece il sistema, a causa di un gioco dei meccanismi, riusciva a caricare aria quando era “spento“, finendo per sbloccare le ruote. Accadeva a Paderno ed era accaduto, quella mattina verso le 10, anche a Porta Garibaldi. Ma allora macchinista e capotreno, "abilitati alle rispettive mansioni" e "idonei nelle capacità psico-attitudinali" erano a bordo e non ci furono problemi.

Due ore dopo, altra stazione. Una lunga pausa di 40 minuti porta i ferrovieri a fermare le macchine, inserire il sistema a depressione che frena le ruote, togliere le chiavi e andare al bar per una pausa non autorizzata. E il treno incustodito si muove. I due se lo vedono sfilare davanti, ma è tardi. Determinante la pendenza fino al 10% della tratta, con un dislivello di 38 metri, che ha innescato il movimento del treno arrivato a 80 chilometri orari. La corsa di 6,1 chilometri dura 14 minuti e finisce sul paraurti del binario 5 della stazione di Carnate. Sette i punti critici: fra questi, oltre al comportamento del personale e la sua formazione, la carenza di manutenzione, ma anche il mancato uso del freno a mano e dei ceppi sotto le ruote. Accorgimenti che avrebbero evitato il disastro. Cinque giorni dopo, a Brescia, la replica. Ma anche lì, come a Garibaldi, i macchinisti c’erano e non accadde nulla.