
La campagna di riasfaltatura del Comune è iniziata nei giorni scorsi, ma già fioccano le lamentele. L’associazione Hq: interventi superficiali. Tombini e caditoie sono un pericolo per ciclisti e disabili.
La campagna di ri-asfaltatura delle strade monzesi è partita nei giorni scorsi, dopo l’approvazione a luglio da parte della giunta dell’Accordo Quadro 2025-2026. Un investimento da 4 milioni, in crescita rispetto ai 3 stanziati nel biennio precedente, che prevede anche la reperibilità continua delle imprese per gli interventi d’urgenza, 24 ore su 24. Un impegno importante, sottolineano dal Comune, per migliorare la qualità del manto stradale e rispondere alle segnalazioni dei cittadini. Ma non tutti applaudono. L’associazione Hq Monza, da anni attiva sui temi di mobilità e ambiente, ha accolto l’iniziativa con un giudizio a due facce: "L’investimento è significativo e apprezzabile - riconoscono gli attivisti -, ma ancora una volta ci si limita a rifare lo strato superficiale, senza intervenire sulle criticità più profonde". Il riferimento è al cosiddetto “binder”, lo strato portante che in molte strade sarebbe ormai compromesso. "In alcuni casi - spiegano - servirebbe addirittura rifare la base di fondo. Non farlo significa che l’asfaltatura durerà poco. Nelle vie Solferino, Volturno e San Fruttuoso, dove il nuovo manto è stato posato sopra un vecchio pavé, i segni di degrado ricompaiono nel giro di pochi mesi".
La critica più forte riguarda però tombini e caditoie. "Da anni non vengono riallineati al livello stradale - denunciano da Hq - e il dislivello, spesso di 3 o 4 centimetri, rappresenta un pericolo costante per ciclisti, motociclisti e soprattutto per le carrozzelle dei disabili". L’esempio citato è quello di via Risorgimento, recentemente riasfaltata: "Basta guardare il risultato per capire che il problema è rimasto. Non si possono ignorare gli obblighi di sicurezza che spettano al Comune". Gli attivisti richiamano anche aspetti giuridici. "Il limite massimo di sicurezza è un centimetro - ricordano -, come stabilito dalla norma tecnica CNR-UNI 10004 e da una giurisprudenza ormai consolidata. Oltre quella soglia non si può parlare di imprudenza del danneggiato: la responsabilità è dell’ente proprietario della strada". Il tema, quindi, non è soltanto di sicurezza, ma anche di ricadute legali e patrimoniali per l’amministrazione. "In caso di incidenti - proseguono da Hq -, il Comune rischia conseguenze non solo sul piano civile e disciplinare, ma anche penale, oltre al danno erariale e di immagine. È paradossale: si investono più risorse, ma senza affrontare i nodi strutturali che mettono in difficoltà chi ogni giorno si muove in bici, in scooter o con una carrozzina".