CRISTINA BERTOLINI
Cronaca

Alle prese con dazi e concorrenti sleali: "Vorremmo competere ad armi pari"

La storia della Radice di Lentate, che lavora al 95 per cento per clienti stranieri

Davide, Luca e Giorgio Radice che guidano l’azienda omonima di Lentate nel campo dell’arredo

Davide, Luca e Giorgio Radice che guidano l’azienda omonima di Lentate nel campo dell’arredo

Fra guerre, dazi e regole diverse diventa sempre più difficile fare esportazioni. "Sta diventando una guerra tra poveri e ogni giorno bisogna inventarsi come sopravvivere", racconta Luca Radice, responsabile export della Radice Snc, che insieme ai fratelli Davide e Giorgio si occupa di produzione di arredo di alta gamma e interior design per soggiorni, camere, sale da pranzo, cucine e porte. La Radice è un’azienda nata più di 55 anni fa a Lentate, fondata da Achille Radice. Dopo di lui i figli Erminio e Giancarlo, e oggi i nipoti: Davide e Giorgio per la produzione e Luca l’anima commerciale. Gli arredi Radice hanno raggiunto nel tempo location prestigiose in Europa, Stati Uniti, Russia, India e Paesi Arabi, ma diventa sempre più difficile per un’impresa medio-piccola che opera al 95% sui mercati stranieri.

"Il mercato russo si è quasi spento – spiega Luca –, tranne qualche facoltoso cliente affezionato che ha case fuori dalla Russia. La clientela russa ama molto il made in Italy, ma se prima era necessario passare una dogana, oggi bisogna passarne 4 o 5 e diventa complicato. Il rapporto di cambio euro-rublo non aiuta, quindi veniamo via via soppiantati da turchi e cinesi. Quanto al mercato statunitense, già con i dazi al 15% la marginalità è risicata, ma troviamo la soluzione suddividendoli tra noi, il distributore e il cliente finale. Però se vengono aggiunti i dazi relativi ai Paesi fornitori delle materie prime, allora sarà la fine, sia in termini di costi che di aggravio di burocrazia. Significherebbe passare al setaccio tutti i costi per certificare che tutte le pelli, le parti in ferro e in altri materiali sono di provenienza originale Ue, o se vengono da altre zone sono soggette ai relativi dazi. A ottobre capiremo cosa succederà".

Non va meglio sul mercato saudita, dove le aziende italiane si scontrano con competitors turchi, egiziani, indiani, vietnamiti e cinesi, Paesi nei quali le norme di tutela ambientale sono molto meno stringenti e quindi i costi diminuiscono. "Noi per le esportazioni dobbiamo presentare una serie infinita di certificazioni che agli altri non sono richieste – ricorda Radice –, vorremmo poter competere ad armi pari".

C.B.