
Oltre 23 mila lavoratori del legno sciopereranno per otto ore, il 21 aprile, proprio nel pieno del Salone del Mobile di Milano. Durante quella che è la maggiore esposizione di arredo e design del mondo, gli impiegati del settore chiedono che a fronte di fatturati “da capogiro” il loro contratto nazionale non è ancora stato rinnovato.
La protesta, organizzata dai sindacati Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, avrà luogo in sette città e chiede a Federlegno – l’associazione dei produttori – di dare un futuro agli oltre duecentomila addetti.
"Si parla tanto del Salone del mobile e del prestigio di questo settore nel mondo, ma noi vogliamo ricordare che dietro tanta bellezza e qualità c'è la professionalità e il duro lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori del legno che attendono il rinnovo del loro contratto in momento economico assai complicato”, spiegano i sindacati.
Cosa chiedono i lavoratori del legno
"Negli ultimi anni il settore ha realizzato fatturati da capogiro e non si riesce a capire perché Federlegno chieda il blocco del contratto per un anno negando di fatto ai lavoratori ogni miglioramento su orario, diritti e tutele mentre l'inflazione è alle stelle”.
I lavoratori chiedono degli aumenti retributivi per tutelare il potere di acquisto e per combattere l'incremento di prezzi e delle bollette, ci sono la riduzione dell'orario di lavoro a pari retribuzione (da 40 a 38 ore, dedicando una parte alla qualificazione professionale) e una maggiore formazione per gli operai e gli impiegati di un settore che resta all'avanguardia in Italia.
Le accuse ai produttori
Ma i produttori, affermano i sindacati, hanno dimostrato in materia salariale “l'indisponibilità a riconfermare il modello contrattuale consolidato dal 2016, che consentirebbe di recuperare per il 2022 in maniera più efficace il potere di acquisto per i lavoratori, con circa 130 euro di aumento della paga base”.
"Non si può chiedere di applicare le regole solo quando fa comodo, ora che l'inflazione è alta le imprese devono riconoscere quanto dovuto. A queste condizioni noi non ci stiamo”, concludono i sindacati.