
I risparmiatori riscuotono ora i buoni fruttiferi postali acquistati negli anni ’80 e ’90
Milano - La Cassazione spegne le speranze dei risparmiatori che hanno acquistato buoni fruttiferi postali negli anni ’80 e, al momento della riscossione, si sono trovati a incassare interessi minori rispetto a quello che avevano previsto. Un “tesoretto“ lasciato crescere per trent’anni che, infine, non si è rivelato tale.
Il pasticcio legato ai buoni fruttiferi della serie Q/P emessi fra il 1986 e il 1995 è già sfociato in una raffica di cause nei Tribunali e di ricorsi davanti all’Arbitro Bancario Finanziario. Ora una sentenza della Cassazione, che ha il respinto il ricorso di una famiglia assistita da Federconsumatori contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano, potrebbe segnare uno spartiacque. Con motivazioni esposte in 21 pagine, la Suprema corte sostiene in sostanza che Poste non è tenuta a versare le differenze. "Si tratta di una sentenza che rispettiamo ma che riteniamo moralmente discutibile – spiega Carmelo Benenti, presidente di Federconsumatori Milano – anche perché al centro ci sono i risparmi di tante famiglie. Questo pronunciamento fa scuola e chiude la strada ad altri ricorsi che potrebbero essere coltivati in casi analoghi". Negli ultimi anni, a scadenza dei buoni trentennali, migliaia di risparmiatori hanno incassato meno denaro rispetto a quanto si aspettavano e a quanto indicato sullo stesso buono.
L’origine del caos è il decreto che, dal primo luglio 1986, ha abbassato i rendimenti dei buoni fruttiferi. Per adeguarsi al nuovo corso Poste avrebbe dovuto stampare dei nuovi buoni, con indicati nuovi tassi. Invece ha riadattato i vecchi buoni della serie P apponendoci sopra un timbro con i nuovi rendimenti, creando quindi la serie Q/P. Solo che l’operazione non fu condotta nel migliore dei modi. In alcuni casi Poste non ha timbrato i vecchi buoni, oppure il timbro modificava solo la rendita dei primi vent’anni, lasciando immutata quella dal ventunesimo in poi. Alla scadenza dei trent’anni, Poste ha riconosciuto quindi gli importi previsti dal decreto 1986, mentre i risparmiatori sostenevano che per gli ultimi dieci anni dovessero essere riconosciute le rendite della legge precedente.
"Il tempo in cui la norma fu introdotta – precisa la Cassazione bocciando il ricorso – coincise con un sensibile ridimensionamento del grave fenomeno inflattivo che negli anni precedenti aveva toccato punte, oggi inimmaginabili, aggirantisi sul 18%, con conseguente aumento degli interessi da corrispondere ai sottoscrittori". E quindi con un "aggravio della finanza pubblica" negli anni della lira, prima del passaggio alla moneta unica europea. "Sarebbe davvero arduo guardare ai buoni fruttiferi postali – scrivono i giudici – come ad una sinistra operazione speculativa destinata a pesare sull’ignaro ed indifeso sottoscrittore".