Milano – La continuità ha un prezzo. Nella successione di Silvio Berlusconi, la garanzia che l’impero di Fininvest, con le partecipazioni televisive, finanziarie, immobiliari e sportive, resti ancorato alla gestione che il fondatore e patron aveva stabilito, porta il Cav, nelle disposizioni del testamento, a differenziare nettamente la posizione dei cinque figli. Favoriti i figli nati dal primo matrimonio con Carla Elvira Dall’Oglio, Marina e Pier Silvio. A loro spetta la parte principale dell’eredità. E ciò avviene grazie alla facoltà concessa dalla legge a chi scrive un testamento di disporre liberamente di una parte dei propri averi.
Cosa sono la ‘legittima’ e la ‘disponibile’
I tesori di famiglia, infatti, nelle norme sulle successioni si dividono in due diverse quote. Una, chiamata ‘legittima’, stabilisce una riserva minima che viene partita in modo equo fra tutti gli eredi che siano figli, mogli, consanguinei, ascendenti ed affini. Una seconda quota, chiamata ‘disponibile’, è invece liberamente divisibile o assegnabile da chi scompare secondo i propri desideri. Nel caso di Silvio Berlusconi, morto con cinque figli e nessuna moglie (dopo due divorzi), la divisione è stabilita così: due terzi di quota legittima, un terzo la disponibile.
La decisione di favorire Marina e Pier Silvio
Con la ‘regola di un terzo e due terzi’, ne consegue che a ciascuno dei cinque figli di Silvio Berlusconi, in parti uguali, va il 66% del patrimonio. Il restante 33%, che l’ex premier poteva assegnare liberamente, andrà - per espressa decisione del fondatore di Canale 5 - a Marina e Pier Silvio, in parti uguali. Questo avrà dirette e chiare ripercussioni non solo sul patrimonio immobiliare, che andrà inventariato, stimato e suddiviso, ma anche sulla cassaforte di famiglia, Fininvest, dentro la quale stanno tutte le partecipazioni del gruppo nelle quali Marina e Pier Silvio saranno indubbiamente avvantaggiati. A partire da Mediaset (oggi Media for Europe), di cui detiene il 49% dei diritti di voto in assemblea, e che a propria volta controlla le tivù in Italia e Spagna, le partecipazioni in Germania, ma anche Rti, l’azienda di produzione dei programmi, Medusa, nel campo del cinema, e Pubblitalia, la società della raccolta pubblicitaria. A Fininvest appartiene anche una parte di Mediolanum (quota del 30,5%), Mondadori (53%), il teatro Manzoni, il Calcio Monza e un pulviscolo di realtà minori: un totale di sei miliardi di euro di fatturato, 360 milioni di utili e oltre 14mila dipendenti.
Fininvest prima del testamento: il controllo di Berlusconi
La cassaforte di famiglia di Silvio Berlusconi finora era controllata da sette aziende, sette holding di famiglia, battezzate in serie. Al fondatore facevano capo quattro di queste Spa, con quote diverse. Sue erano la Holding italiana prima, con il 17,15% del capitale Fininvest, la Holding Italiana seconda, con un altro 15,75%, poi la Holding italiana terza, con il 7,83%, infine la Holding italiana ottava, con il 20,48%. Questa, da sola, nel 2022 aveva generato profitti per 32 milioni di euro (21,4 nel 2002). In totale Berlusconi da solo deteneva il 61,25 percento di Fininvest e gli utili nel 2022 gli avevano reso 90 milioni di euro. Tutti messi a riserva, tranne quelli della Holding italiana seconda, circa 23 milioni di euro, che l’ex premier ha incassato e con i quali evidentemente ha vissuto e finanziato il complesso e costoso sistema di cui era al centro, fra ville sparse nel mondo e attività politica. Curioso notare come se si divide il 61,25% di azioni Fininvest posseduto dal fondatore secondo i criteri della ‘legittima’ e della ‘disponibile’, quest’ultima quota corrisponde proprio al 20,4%: la stessa percentuale attribuita alla Holding italiana ottava, che evidentemente potrebbe essere la parte della cassaforte che andrà direttamente a Marina e Pier Silvio.
Fininvest prima del testamento: le parti già possedute dai figli
Le altre tre holding di controllo di Fininvest appartengono già ai figli. La Holding italiana IV è di Marina Berlusconi per il 97,8% e controlla il 7,65 di Fininvest. Pier Silvio Berlusconi è proprietario del 97,2% della Holding italiana quinta, che controlla ugualmente il 7,65% di Fininvest. Infine c’è H14, nuovo nome della Holding italiana quattordicesima, che appartiene in parti uguali, 31,3% a testa, agli altri tre figli: Luigi, Veronica ed Eleonora. La cassaforte dei figli di Veronica Lario aveva già in pancia il 21,4% di Fininvest, alla quale cui resta un 2,06% di azioni proprie.
I nuovi assetti
Con la divisione decisa dal testamento, a ciascuno dei cinque figli del Cavaliere andrà un quinto del 40,8% come quota legittima. Ovvero l’8,16% di Fininvest. Traducendo, per gli eredi avuti da Veronica Lario si tratta di un totale del 15,4 a testa, pari al 46,22% in totale. Ovvero la somma del 21,42% di azioni già controllato e del 24,8% ottenuto con la legittima. A loro però non andrà nient’altro. Marina già controllava il 7,65% di Fininvest, con la legittima ottiene anche lei un 8,16% di azioni cui però si somma anche il 10,2% che è pari alla metà della quota disponibile lasciata a metà da Silvio Berlusconi ai primi due figli. Totale: 26,01%. Stesse quote e stessi conti per Pier Silvio: 7,65 già controllato, più l’8,16% di legittima e il 10,2 ottenuto con la divisione a metà della “disponibile”. Risultato, 26,01%.
I primi due figli obbligati a continuare insieme
I nuovi equilibri (al netto di eventuali aggiustamenti che potrebbero passare da quote azionarie per la spartizione del resto del patrimonio fatto di immobili e beni mobili) attribuiscono la quota di controllo di Fininvest ai due primi figli di Berlusconi. Insieme superano il 52% delle quote. Ma devono marciare uniti. Ed è questo forse il cuore del messaggio che il padre ha lasciato agli eredi. Unità di azione e di intenti per portare avanti, in continuità, un impero che i mercati spingendo al rialzo le azioni già nei giorni in cui il fondatore era ancora ricoverato al San Raffaele, avevano scommesso fosse destinato a un risiko di vendite e acquisizioni. Con questi numeri la partita, a breve, sembra essere esclusa. Senza una spaccatura fra Pier Silvio, che continuerà a gestire MfE-Mediaset, e Marina, che prosegue nell’impegno in Mondadori, nessuno potrà attaccare il fortino. E per evitare che accada è stato necessario – almeno a giudicare dal testamento – il relativo sacrificio dei tre figli più giovani, che insieme arrivano al 46,22% e che quindi non possono sovvertire gli equilibri, anche tutti insieme. Certo, tutto sarebbe stato diverso se Veronica Lario non avesse divorziato. Se l’ex signora Berlusconi fosse ancora tale, oggi a lei spetterebbe una quota legittima di eredità, e, attraverso di lei, ai suoi tre figli. Ma la storia ha preso strade diverse.