
Yuri Urizio
Milano – Per sette minuti, Yuri Urizio è stato in balìa del suo assassino: il ventottenne tunisino Bilel Kobaa lo ha colpito al volto con alcuni pugni, si è avventato su di lui già a terra e gli ha stretto il collo strangolandolo.
Il ventitreenne comasco, che aveva lavorato come cameriere al Maio Restaurant della Rinascente e in locali della Sardegna e della Costa Azzurra e che da un paio d’anni viveva a Milano con la madre, ha lottato per due giorni in un letto della Terapia intensiva del Policlinico. Ieri pomeriggio si è arreso: allo scoccare delle sei ore di assenza di attività cerebrale, i medici ne hanno dichiarato il decesso. Poco dopo, il gip Angela Minerva ha convalidato l’arresto di Kobaa (o Bilel Cubaa con altro alias), disponendo la misura cautelare del carcere per il reato di tentato omicidio. Un reato purtroppo superato dalla morte di Yuri: ora l’accusa è omicidio.
La ricostruzione del raid killer ci riporta alle 3.51 di mercoledì. Una telecamera inquadra l’angolo tra viale Gorizia e il Naviglio Pavese, di fronte alla Darsena, zona di pub e movida. Ci sono tre persone che stanno parlando: la situazione sembra tranquilla, gli atti d’indagine sottolineano l’assenza di uno "stato di animosità tra le parti". Poi succede qualcosa. Nei filmati c’è un buco di un minuto, perché l’occhio elettronico è di quelli basculanti che ruotano a intervalli regolari, ma i frame precedenti non giustificano il repentino cambio di scenario.
Ore 3.52: la donna si allontana "con passo tranquillo" verso piazza XXIV Maggio, i due ragazzi sono a terra. "Più precisamente – metterà a verbale il testimone-chiave – vedevo un uomo di carnagione olivastra, corporatura robusta, di circa 30 anni, indossante una maglietta a righe e pantaloni rossi, il quale si trovava disteso con il proprio corpo sopra un altro uomo di origine caucasica di circa 25 anni, capelli chiari corti, indossante un jeans e una t-shirt scura. In tale fase, l’uomo di carnagione olivastra stringeva con forza il collo del ragazzo caucasico, fino a fargli perdere i sensi. A questo punto decidevo di intervenire intimando al ragazzo di carnagione olivastra di lasciare la presa".
Dal momento in cui entra in scena il passante (3.55) a quello in cui Kobaa molla la presa (3.59), passano quattro lunghissimi minuti, forse decisivi per provocare la morte di Yuri. Poi arriva la Volante Duomo dell’Upg: il ragazzo ha il volto coperto di sangue, presenta varie tumefazioni, ma respira ancora. In un amen, però, va in arresto cardiaco: il capo equipaggio se ne accorge e si china su di lui per praticargli il massaggio cardiaco, aiutato da un uomo che si qualifica come paramedico; nel frattempo, l’altro poliziotto ammanetta il tunisino e lo fa sedere nell’auto di servizio. Yuri viene ricoverato al Policlinico in stato di incoscienza: i medici temono sin dall’inizio che quella stretta alla gola possa avergli provocato danni cerebrali permanenti.
Ieri il drammatico epilogo. A ucciderlo è stato Bilel Kobaa, che ha riferito agli investigatori di aver presentato richiesta di protezione internazionale alla Questura di Verona e di avere una sorella che vive nell’hinterland milanese. Continua a ripetere la stessa versione: sostiene di essersi limitato a fermare l’autore di una rapina; nella sua ricostruzione, il ventitreenne avrebbe strappato i soldi dalle mani di una "donna ucraina" che passa le notti in zona Navigli. È la stessa persona che si vede nei filmati e che non è stata ancora rintracciata: nelle immagini non c’è traccia della fantomatica aggressione. C’è invece il brutale placcaggio a mani nude e la presa letale per sette infiniti minuti.