NICOLA PALMA
Cronaca

Nour e un inferno di botte lungo 25 anni: “In silenzio per proteggere i figli”. Il marito padrone finisce in cella

Milano, il matrimonio combinato in Egitto, i primi maltrattamenti nel 2000 e i divieti sugli abiti da indossare. Domenica l’ultimo raid: mani al collo e minacce di sfigurare la moglie con l’acido. Arrestato dai militari

Il cinquantasettenne egiziano è stato arrestato in flagrante dai carabinieri del Nucleo Radiomobile

Il cinquantasettenne egiziano è stato arrestato in flagrante dai carabinieri del Nucleo Radiomobile

Milano, 31 luglio 2025 –  9.125 giorni. 1.300 settimane. 300 mesi. Numeri che danno l’idea di quanto possano essere lunghi 25 anni. Per Nour (nome di fantasia) sono stati lunghissimi. Infiniti. Interminabili. Per un quarto di secolo, la quarantasettenne egiziana è stata costretta a subire i maltrattamenti fisici e psicologici del marito padrone. Sempre in silenzio. Mai una querela. Mai un intervento delle forze dell’ordine, eccezion fatta per la notte di Capodanno 2010, quando fu costretta a chiamare il 112 perché l’uomo l’aveva chiusa fuori di casa.

“L’unica cosa che mi ha frenato a non denunciarlo o a chiedere il divorzio erano proprio i figli, ero preoccupata per loro”, ha raccontato la donna ai carabinieri l’altra sera, quando finalmente ha rotto il muro di silenzio e ha squadernato in cinque pagine choc il calvario che ha attraversato in solitaria. Nour ha deciso di dire basta, anche perché i suoi ragazzi sono diventati grandi: il maggiore, di 25 anni, è andato a convivere con la compagna; il secondo, di 20 anni, frequenta l’università. Così ha comunicato al connazionale Ahmed Said, cinquantasettenne nativo di Giza, la volontà di divorziare. E l’ultima aggressione è andata in scena proprio alla vigilia della partenza per l’Egitto, programmata per formalizzare la separazione in patria: d’intesa con il pm di turno Gianluca Prisco, il marito padrone, assistito dall’avvocata Simona Taisch, è stato arrestato dai militari del Radiomobile per maltrattamenti in famiglia aggravati da minacce e portato a San Vittore.

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Le mani al collo

Ore 14 di domenica, Nour inizia a fare i bagagli per il viaggio in Nordafrica. S. rientra e come sempre inizia a urlare con un pretesto qualunque. La donna preannuncia la chiamata al 112, ma lui non si ferma: “Adesso ti do una ragione per chiamare la polizia”. Il cinquantasettenne le scaglia addosso un paio di forbici e la aggredisce a mani nude, graffiandole braccia e spalle; poi le mette una mano al collo come a volerla strangolare e le dice che se non venderà la villa in Egitto di sua proprietà. “Guarda che ti ammazzo”, le urla. Nour riesce a chiedere aiuto, ma il marito le strappa il telefono e interrompe la conversazione con la centrale operativa di via Moscova. I carabinieri arrivano comunque nell’appartamento della prima periferia nord e trovano la camera da letto a soqquadro: lui minimizza, giura sul Corano di non aver fatto nulla. La quarantasettenne viene soccorsa dai sanitari di Areu e accompagnata al Niguarda: verrà dimessa con una prognosi di 12 giorni.

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L’incubo iniziato nel 2000

Negli uffici della caserma Montebello, Nour mette in fila una serie impressionante di episodi. Il prologo del racconto choc è il matrimonio combinato in Egitto dalle due famiglie: l’accordo viene sancito nell’estate del 1999, con nozze celebrate nel gennaio 2000. La coppia si trasferisce a Milano: lui lavora come magazziniere, lei diventa una mediatrice culturali per alcune strutture d’accoglienza per migranti. La donna è già incinta del primo figlio, ma il neo coniuge non si fa scrupoli: insulti e botte sono all’ordine del giorno; in un’occasione, lui spintona lei e la irride dicendo “Io poso sposare tutte le donne che voglio”. “Gli episodi violenti – ricorda la donna – si manifestavano con una certa frequenza settimanale, dove venivo offesa e picchiata a seguito di banali discussioni per motivi diversi”.

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L’escalation

Nell’agosto del 2002, la coppia si reca in Egitto: lì, durante l’ennesimo litigio, S. colpisce la moglie con un vaso, procurandole una ferita a un piede. Lei si trasferisce a casa dei genitori, ma lui si presenta per chiedere scusa. Gli anni passano, la situazione non cambia: l’uomo contesta alla donna il modo di vestire “troppo all’occidentale”, pretende che indossi velo e abiti larghi. E arriviamo alla fine del 2019: una sera, che Nour non sa indicare con precisione, il coniuge le sferra un pugno al volto, che le provoca un’evidente tumefazione all’occhio sinistro. In ospedale, la donna mente, “per paura degli assistenti sociali”, e assicura ai medici di essere caduta dalle scale. Nour si sfoga con un’amica, sentita dagli investigatori dell’Arma come testimone, a cui svela la vera origine di quel livido nero: la connazionale le consiglia di denunciare subito, ma pure con lei la donna mantiene la stessa linea (“Non intendeva farlo per proteggere i figli”).

La decisione di separarsi

Nel settembre 2024, però, Nour prende una decisione e fa sapere al marito di voler divorziare. Da quel momento, le angherie di S. diventano quotidiane: “Ogni scusa era buona per aggredirmi e insultarmi, specie per fatti inerenti il fattore economico, sulla suddivisione delle proprietà”. Nel gennaio 2025, la quarantasettenne cerca anche di andar via di casa, terrorizzata dalle intimidazioni del compagno, ma lui in qualche modo riesce a riportarla indietro. Ad aprile, S. propone un viaggio salva-matrimonio a La Mecca, che però non cambia di una virgola la situazione. E arriviamo a domenica, quando Nour viene picchiata per l’ultima volta e sceglie di ricostruire una vita intera di umiliazioni: “Non intendo continuare a vivere con mio marito ed essere sottomessa e picchiata come ha sempre fatto negli ultimi 25 anni”.