Donna si ribella dopo 11 anni da incubo, costretta a lavorare 16 ore gratis dal marito. Lui prova a darle fuoco: “Ti ammazzo”

Arrestato per maltrattamenti in famiglia un trentanovenne egiziano. La lite davanti al commissariato e l’intuizione di una giovane poliziotta. La violenta aggressione in pizzeria

Manifestazione contro la violenza sulle donne

Manifestazione contro la violenza sulle donne

La storia di Maria (nome di fantasia) è drammaticamente identica a quella di Delia, la protagonista del film campione d’incassi "C’è ancora domani" interpretata da Paola Cortellesi. Le stesse angherie del marito padrone. La stessa sottomissione dettata dal terrore di ritorsioni. Lo stesso senso di impotenza e rassegnazione. Peccato che questa non sia una sceneggiatura da Oscar, bensì vita vera.

Nella notte tra sabato e domenica, il compagno della quarantatreenne ecuadoriana è stato arrestato e portato a San Vittore con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. La vicenda inizia alle 2.40 di domenica, quando una giovane agente, di turno al corpo di guardia del commissariato Greco Turro, nota sui monitor una scena che la insospettisce: una delle telecamere a presidio del perimetro esterno riprende una donna in lacrime che tiene per mano una bambina e che all’improvviso viene strattonata con violenza da un uomo, che la costringe a tornare sui suoi passi e a infilarsi in una macchina.

La poliziotta intuisce subito la gravità della situazione e dà l’allarme a due colleghi, che escono in strada e si avvicinano alla macchina. Il trentanovenne egiziano Mohamed S., titolare di una pizzeria in zona Sarca, è fuori di sé: inveisce contro la moglie ("Questa è un problema, un problema da risolvere"), nonostante la presenza della bimba di 5 anni e del fratello tredicenne.

A quel punto, Maria, rassicurata dalla presenza degli agenti, spiega che si stava recando in commissariato per chiedere aiuto e aggiunge di aver subìto diverse aggressioni in passato. Ai poliziotti di via Perotti, guidati dal dirigente Carmine Mele, la quarantatreenne racconta un calvario che dura da anni: basti dire che le uniche denunce risalgono al 2012 e al 2013 e che da allora in avanti Maria ha continuato a subìre in silenzio. Undici anni infiniti.

Nel 2021, l’uomo ha acquistato la pizzeria, e da quel momento la donna ha iniziato a lavorarci per 16 ore al giorno, dalle 9 all’una di notte, senza ricevere alcun compenso. La sudamericana spiega di essere completamente dipendente dal marito per qualsiasi tipo di acquisto: che sia cibo, vestiti o qualsiasi altra cosa di cui abbiano bisogno i figli. E arriviamo alla violenta escalation di sabato sera. Poco prima della chiusura, a locale ormai vuoto, Maria si siede a mangiare un panino e chiede al marito di prepararne uno per il figlio; per tutta risposta, Mohamed S. scaraventa il pane sul banco da lavoro, ordinando alla moglie di fare da sé. La donna, spaventata dalla reazione furibonda e memore dei precedenti, esce dalla pizzeria con i figli. Lui le scaglia contro una pianta, colpendola al braccio: "Tu andrai in ospedale e io in galera. Basta!".

Finita? No, perché l’uomo afferra un coltello appuntito e lo punta contro la donna, urlando "Ti ammazzo! Ti sgozzo!". Il tredicenne si avvicina al padre e lo disarma, ma il trentanovenne non si calma: impugna una bottiglia di alcol etilico e ne svuota il contenuto addosso alla donna, colpendola agli occhi, alla bocca e impregnando i vestiti di liquido infiammabile.

È il momento più drammatico: Mohamed S. apre un cassetto, tira fuori un accendino e prova a dare fuoco, ma per fortuna manca il gas. La quarantatreenne, nel tentativo di placare l’ira dell’egiziano, rientra e inizia a pulire il pavimento. Niente da fare: lui la spinge e la fa cadere a terra, per poi tentare di colpirla con un calcio. Maria trova la forza di rialzarsi, di prendere con sé i due figli e di guidare fino al commissariato. Da lì il trentanovenne uscirà in manette, diretto a San Vittore. Dalle frasi messe a verbale dalla vittima si evince lo stato di profonda sottomissione: "So già che quando fa così non devo dargli fastidio" oppure "Ormai lo so che quando inizia a urlare e aggredirmi così devo cercare di non provocarlo". Ora l’incubo è finito.

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