
Giunta straordinaria dopo la lite di lunedì. FdI si tiene Seriate, la toscana Calamai rimane in Calabria. E Moreno viene promosso nell’ambita Varese. L’assessore: "Segnale a chi sceglie la carriera pubblica".
S’è chiuso ieri il valzer di mezza estate dei manager della sanità lombarda, saltato lunedì sulla mina dell’ennesimo braccio di ferro tra FdI, partito di maggioranza relativa, e l’assessore tecnico al Welfare Guido Bertolaso. Due riunioni di Giunta in un giorno – l’ultima disertata dagli assessori meloniani – erano riuscite a partorire solo la nomina di Silvano Casazza, già pacificamente scelto per prendere il posto di Walter Bergamaschi (che è andato a dirigere la Programmazione al Ministero della Salute) a capo dell’Ats Metropolitana, oltre alla proroga di Francesco Paolo Tronca come commissario del Pio Albergo Trivulzio per il terzo e ultimo anno.
Il resto del minigiro di poltrone sanitarie annunciato cinque settimane fa dall’assessore Bertolaso si è compiuto ieri, durante una giunta straordinaria che ha anche formalizzato la nomina del leghista Alan Rizzi alla presidenza di Aler Milano: al posto di Casazza, che era dg dell’Irccs San Gerardo di Monza, va senza sorprese il direttore generale dell’Ats della Brianza Michele Brait, in quota Forza Italia; al suo posto arriva a Monza Paola Palmieri, dall’Agenzia di controllo del sistema sociosanitario lombardo, dove approda il ciellino Giuseppe Micale, la cui posizione all’Asst Sette Laghi era in bilico da tempo.
Fin qui tutto da programma. Il pomo della discordia era la copertura di quest’ultima casella, particolarmente “nobile“ nell’araldica della sanità lombarda: dall’ex Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi sono transitati futuri top manager come Bergamaschi e Carlo Lucchina, compianto ex direttore della Sanità nell’ultimo decennio formigoniano. A Varese Bertolaso avrebbe voluto Monica Calamai, manager toscana oggi commissaria all’Asp di Crotone: una “papessa straniera“ come Maria Teresa Montella, chiamata quest’anno dalla Romagna a dirigere l’Istituto nazionale dei tumori scontentando l’ex dg Carlo Nicora e lì rimasta, al momento, nonostante gli attriti col presidente dell’Irccs Gustavo Galmozzi, voluto da FdI. Ma l’impresa più estrema di piazzare una forestiera nel feudo leghista e ciellino era sfumata, ed era emersa l’alternativa di mettervi Marco Passaretta, dg dell’Asst Begamo Est in quota FdI, mandando a Seriate Calamai. Qui, però, l’ala orobica dei Fratelli era insorta; alla fine è saltata la “straniera“. Tra i litiganti gode Mauro Moreno, già direttore sanitario del Papa Giovanni di Bergamo e prima al Niguarda e all’Asst dei Santi dell’ospedale San Paolo dove ha lavorato per oltre vent’anni, passando da responsabile del Cup a ds. Ora, dopo qualche anno d’attesa nell’apposito albo, è promosso dg con un balzo diretto sull’ambita poltrona varesina.
Un "compito arduo e complesso che richiede grandi capacità tecniche e manageriali, oltre ad una indubbia dote di ascolto e mediazione", avverte l’assessore Bertolaso in un lungo (e insolito) post su Instagram, rivendicando la scelta di Moreno come "un chiaro segnale a chi sceglie la carriera nella sanità pubblica: un percorso di sempre maggiore responsabilità e impegno, oltre che dedizione, in piena coerenza con la nostra Costituzione, che consente per chi lo merita di poter aspirare ad incarichi di vertice". "Quel che ci interessa è individuare, a prescindere dalle cosiddette “rose di papabili“, donne e uomini abili e capaci con professionalità adeguate. Anche in questo caso, ci siamo basati sul valore delle persone e non su “casacche” di qualsiasi tipo, con buona pace di chi pensa che solo i signorsì debbono fare carriera", ha aggiunto, levandosi dalla scarpa qualche macigno: "Spiace constatare come alcuni politici abbiano disperatamente cercato di prendersi il merito di nomine determinate invece dalla pura competenza tecnica".
La tesi “politica“ vede tuttavia d’accordo l’opposizione: "Ancora una volta la giunta Fontana mette in atto la solita pietosa logica spartitoria, pur con qualche eccezione positiva - attacca il capogruppo del Pd Pierfrancesco Majorino –. La sanità per la destra lombarda è solo un tema di poltrone, alla faccia dei tanti, troppi in lista d’attesa".