
Daniele Buresta, di 36 anni, Michela Caresani, di 33, e Alberto Mastrogiuseppe, coetaneo del primo
“Quante vite sono andate in frantumi? Niente potrà mai tornare come prima, è come vivere perennemente sospesi. E quest’anno, il numero 10 ha un peso enorme”. Claudia Mastrogiuseppe è la sorella di Alberto, tra i tre amici milanesi che a Ferragosto 2015 furono inghiottiti dal mare nell’Isola di Sangalaki, nel Borneo, in Indonesia. Quest’anno è il decimo anniversario dalla scomparsa “e formalmente il Tribunale di Milano – continua la donna – potrà dichiarare che i nostri cari non ci sono più. Atto che segnerà la chiusura di questa storia dal punto di vista civile. Resta il fatto che la verità non è mai emersa e che la guida che li accompagnava non è mai finita sotto processo. Per noi, il dolore non si cancellerà”.
Fatale è stata un’immersione durante una vacanza, che sarebbe stata l’ultima avventura per i giovani, tutti sub esperti, prima del rientro a Milano. Ma sono spariti nel nulla. Dispersi Alberto Mastrogiuseppe, di 36 anni, laureato alla Bocconi, che lavorava nel campo del marketing bancario, Michela Caresani, che era la sua fidanzata, di 33, professionista in un centro per disabili, e Daniele Buresta, coetaneo del primo, operatore video per il web. Insieme a loro c’era anche Vana Chris Vanpuyvelde, 29enne belga. Si è salvata invece Valeria Baffè, oggi 44enne, grafica digitale. La fidanzata di Buresta che, anziché partecipare all’escursione subacquea, aveva praticato snorkeling ammirando il fondale dall’alto. Tornato a casa anche un ragazzo piemontese che come Valeria era rimasto in superficie.
Ogni anno, il 15 agosto è un giorno durissimo, “la sofferenza la sento ancora. Quel giorno mi sono trovata a un bivio e non lo sapevo”, dice Baffè. “Quella del pomeriggio era stata la seconda immersione della giornata. Io non avevo partecipato perché non sono sub, non avevo il brevetto. Ho saputo solo dopo che altre agenzie avevano sospeso le escursioni pomeridiane perché la corrente in mare era aumentata. La nostra invece no”. Oggi consiglia “di non dare mai nulla per scontato, di assicurarsi che le persone a cui ci si affida siano davvero esperte e che abbiano alle spalle un’organizzazione seria, a livello internazionale, che rispetti determinati standard di sicurezza. Purtroppo, troppo spesso i turisti vengono visti come “portafogli con le gambe“. Come ogni anno, ha ricordato il suo Daniele e i suoi amici sui social. Lo stesso ha fatto la sorella di Alberto, che con i familiari ha pure organizzato in onore del fratello per il nono anno consecutivo una messa a Gattinara, vicino Vercelli, che Alberto amava.
“Ora, passati 10 anni – conclude Mastrogiuseppe – potremo chiedere al Tribunale il certificato di morte presunta. Fa male anche solo pensare questa parola, anche se in Indonesia i ragazzi sono stati dichiarati morti l’anno dopo. Non abbiamo mai celebrato il funerale, non abbiamo resti su cui piangere. Non è stato trovato nulla, né una pinna, né un boccaglio, i punti oscuri non sono mai stati chiariti. Il processo alla guida che accompagnava i ragazzi non è mai partito, nonostante le richieste delle famiglie supportate dall’avvocato milanese Alessandra Bianchetti. Avevamo chiesto che avvenisse nella capitale Giacarta, invece è tutto fermo a Sangalaki. Intanto sono passati 10 anni senza verità”.