NICOLA PALMA E MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Viminale condannato per il mancato sgombero del Leoncavallo, le opzioni: pagare, cacciarli o fare ricorso

Vertice nel pomeriggio a Palazzo Diotti dopo che il ministero dell’Interno è stato condannato a pagare 3 milioni per il mancato sfratto del centro sociale: cosa succederà ora

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Foto storica del centro sociale Leoncavallo

MILANO – E ora? La sentenza della Corte d’Appello sul caso Leonka tira in ballo direttamente il Viminale, chiamato a decidere se versare i 3 milioni di euro di risarcimento danni alla famiglia Cabassi o se ricorrere in Cassazione per cercare di ribaltare un giudizio che in primo grado aveva accolto le ragioni del Ministero dell’Interno e dei suoi organi territoriali direttamente coinvolti nella vicenda.

A tal proposito, giovedì pomeriggio si è svolto un vertice a Palazzo Diotti sull’argomento, presieduto dal prefetto Claudio Sgaraglia, al quale hanno partecipato l’assessore comunale all’Urbanistica Giancarlo Tancredi, il direttore generale di Palazzo Marino Christian Malangone, un legale dell’Avvocatura dello Stato e i vertici delle forze dell’ordine. Argomento: Leoncavallo. Al di là delle opzioni legali da sondare, è tornata sul tavolo pure l’ingombrante questione del possibile sgombero, visto che il collegio presieduto da Carlo Maddaloni ha condannato il Ministero dell’Interno proprio per la mancata esecuzione delle sentenze passate in giudicato che tra il 2003 e il 2010 hanno imposto all’associazione “Mamme antifasciste del Leoncavallo” di lasciare l’immobile abusivamente occupato.

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Inutile dire che il verdetto ha fatto tornare d’attualità l’ipotesi sfratto, accantonata negli anni scorsi anche per le trattative tra Comune e proprietà che a più riprese hanno fatto intravedere la possibilità di un accordo per regolarizzare definitivamente il Leonka. Una delle alternative, a ben pensarci, potrebbe essere rappresentata proprio dalla ripresa del dialogo tra le parti per concretizzare un piano finora rimasto solo sulla carta. In epoca Pisapia, si arrivò a un passo dall’intesa con la società “L’Orologio srl”, con la formula della permuta: i Cabassi avrebbero ceduto i capannoni di via Watteau a Palazzo Marino (che poi avrebbe lanciato un bando per affittarli all’associazione del Leonka), in cambio di una palazzina un tempo sede di una scuola tra via Zama e via Salomone. Alla fine non se ne fece nulla.

Nel 2018, la Giunta Sala ha provato a riprendere il discorso interrotto qualche anno prima, ipotizzando uno scambio di volumetrie, ma pure in quell’occasione la trattativa non andò a buon fine. Intanto, giovedì sera è andata in scena una riunione anche in via Watteau: oggi dovrebbe essere diramata una nota ufficiale per riassumere quanto emerso nel corso dell’incontro, durante il quale si è parlato ovviamente delle possibili conseguenze della recentissima sentenza.

Una sentenza che, per l’assessore regionale alla Casa Paolo Franco, “assume un significato importantissimo e rilevante per tutti i casi riguardanti le occupazioni abusive”. Per l’esponente della Giunta Fontana, il pronunciamento dei giudici deve essere uno “stimolo per le istituzioni preposte” in casi futuri e diventare “un punto di riferimento da applicare nei troppi e ripetuti casi di violazione della proprietà privata: il contrasto all’occupazione illegale di case e più in generale di immobili va punito e condannato senza alcuna attenuante”.