REDAZIONE MILANO

Caso Leonka. Raccolta fondi. L’Anpi aderisce

Lo sgombero sembra sempre più vicino, ma il Leoncavallo prova a resistere, in attesa di capire se riuscirà ad ottenere...

Lo sgombero sembra sempre più vicino, ma il Leoncavallo prova a resistere, in attesa di capire se riuscirà ad ottenere...

Lo sgombero sembra sempre più vicino, ma il Leoncavallo prova a resistere, in attesa di capire se riuscirà ad ottenere...

Lo sgombero sembra sempre più vicino, ma il Leoncavallo prova a resistere, in attesa di capire se riuscirà ad ottenere una nuova sede dal Comune. Il centro sociale di via Watteau ha aperto una raccolta fondi, anzi una "Cassa di resistenza" per il suo "diritto ad esistere", dopo che è stato fissato al 9 settembre lo sfratto dallo spazio occupato abusivamente nel 1994, un immobile di proprietà della famiglia Cabassi.

Negli ultimi mesi si sono registrati dei passaggi che hanno causato un’accelerazione sul futuro del Leonka. Sì, perché per il mancato sgombero dell’area il ministero dell’Interno è stato condannato a pagare tre milioni di euro alla proprietà, l’immobiliare Orologio della famiglia Cabassi. E, a sua volta, il Viminale ha chiesto il risarcimento dei tre milioni a Marina Boer, la presidente dell’associazione Mamme del Leoncavallo. "Nel suo 50esimo anno di storia il Leoncavallo è sotto sfratto – spiega sul proprio sito il centro sociale, nato nel 1975 proprio in via Leoncavallo –. L’attuale spazio di via Watteau rischia realmente di scomparire per sempre. Per questo abbiamo deciso di aprire una Cassa di Resistenza. Vi chiediamo di donare alla Cassa “ognun* secondo le sue capacità…“".

Un appello alle realtà antifasciste, alla società civile, alla sinistra milanese di schierarsi in difesa dell’autogestione con una donazione alla Cassa di Resistenza delle Mamme Antifasciste! a cui ha già risposto l’Anpi provinciale di Milano, che il centro sociale ha ringraziato con una storia su Instagram per la donazione.