MASSIMILIANO MINGOIA
Cronaca

Turismo low cost in Galleria, la ricetta del Savini fra buon senso e minimum spending (ma solo in periodi caldi)

Intervista a Luca Gatto, gestore del notissimo locale: “Il coperto? Serve a riequilibrare alcune situazioni. E comunque in Italia non abbiamo la service charge”

Un’immagine del Savini in Galleria Vittorio Emanuele

Un’immagine del Savini in Galleria Vittorio Emanuele

Milano, 27 agosto 2025 – “Turismo ‘low cost’ in Galleria Vittorio Emanuele? Può capitare e capita anche al Savini. Ci sono dei periodi in cui arrivano a Milano visitatori con meno capacità di spesa che provano a minimizzare le uscite nei ristoranti e nei locali. Come? Dividono per due o più persone una sola portata, usano l’acqua nelle bottigliette che hanno già in borsa... Confermo in toto le parole di Pier Antonio Galli (il gestore del ristorante Galleria e consigliere delegato dell’associazione Il Salotto di Milano che ieri ha raccontato sul Giorno il fenomeno del turismo low cost, ndr). Ovviamente speriamo che da settembre, con le prime fiere, i tanti eventi in programma e il Gran Premio di Formula 1 a Monza, possano arrivare in città anche turisti più propensi alla spesa rispetto a quelli giunti questa estate”.

Luca Gatto, gestore del Savini in Galleria, uno dei ristoranti più noti di Milano, ha altri episodi o aneddoti di “turisti al risparmio“ da raccontarci?

“Intorno alla Galleria ci sono tanti fast food, di diverso tipo, dall’hamburger alla pizza fino ai panzerotti. Alcune volte accade che su quattro persone che entrano al Savini uno voglia mangiare nel nostro ristorante e gli altri tre abbiano già un hamburger nei loro cartoni da consumare. Queste situazioni accadono e vanno gestite”.

Come vi comportate?

“Cerchiamo di utilizzare il buon senso e decidere a seconda dei casi. Se c’è una famiglia che vuole mangiare da noi ma che ha già comprato un hamburger al figlio, cerchiamo di venire incontro a quel nucleo. I genitori ordinano i nostri piatti e intanto impiattiamo l’hamburger del bambino. Insomma, cerchiamo di accontentare tutti. Se invece c’è una mamma con quattro bimbi e l’unica consumazione che vuole fare è un succo di frutta, le spieghiamo che non c’è disponibilità di tavoli in quel momento. Ripeto: ogni situazione va gestita con buon senso, contemperando le nostre esigenze di imprenditori e quelle dei turisti in giro per Milano. È quello che ripeto sempre ai miei ragazzi prima dell’inizio di un turno di lavoro”.

Queste situazioni di turismo low cost avvengono più con gli stranieri o con gli italiani?

“Con gli stranieri”.

Alcuni stranieri vostri clienti protestano anche per il pagamento del coperto, come ci ha raccontato Galli?

“Noi in Italia abbiamo il coperto ma non abbiamo il ‘service charge’ utilizzato in tanti Paesi all’estero. Cerchiamo di farlo capire ai nostri clienti. L’esempio che viene spontaneo è proprio quello della mancia che negli Stati Uniti è obbligatoria e da noi invece no. Bisogna comprendere il sistema con cui ogni Paese gestisce la ristorazione. In Italia ci sono alcuni turisti che pensano di essere presi in giro perché nel conto c’è il coperto. Ma naturalmente non è così”.

Luca Gatto, alla guida del Savini e dell'azienda di famiglia, attiva nel settore ristorazione
Luca Gatto, alla guida del Savini e dell'azienda di famiglia, attiva nel settore ristorazione

Il coperto è proprio indispensabile?

“Serve a riequilibrare alcune situazioni. Chi mangia solo un’insalata e chi invece ordina un antipasto, un piatto di portata e un dolce vengono trattati nella stessa maniera: pane e rimpiazzo di pane, condimenti, stuzzichini, predessert e pasticcini alla fine con il caffè. Ma per noi, dal punto di vista economico, sono situazioni molto diverse, soprattutto in una location prestigiosa come la Galleria, che comporta onori ma anche oneri non indifferenti. Un conto è consumare solo un’insalata, un’altro è fare un pasto completo. All’estero, non a caso, in alcuni Paesi applicano il ‘minimum spending’, cioè l’obbligo di spesa minima per ogni cliente che si siede al ristorante, di solito una cifra più bassa al primo turno della cena e più alta al secondo turno, quando si può trattenersi maggiormente al tavolo e magari c’è l’intrattenimento. Noi non applichiamo il minimum spending, se non in alcuni giorni o in alcuni periodi particolarmente ‘caldi’ per il turismo”.

Quali?

“A Capodanno o durante la Settimana del Design, ad esempio. A Capodanno non tutti i nostri clienti vogliono consumare un menù fisso, preferiscono mangiare quello che vogliono. Allora abbiamo messo un minimum spending per fascia oraria, da 120 euro a 220 euro”.

Qualunque scelta facciate e qualunque servizio offriate, poi, c’è sempre lo spauracchio della recensione del cliente sui social...

“È la nostra Spada di Damocle. Certe recensioni sono penalizzanti ma partono da giudizi sbagliati. Ci sono turisti che quando non trovano nel nostro menù i tortellini panna e prosciutto gridano allo scandalo, pensando che siano il piatto simbolo della cucina italiana. Assurdo”.