NICOLA PALMA
Cronaca

Claudio Gioia, il tassista che ha salvato le tre ragazze in zona corso Como: “Ho pensato a mia figlia e sono intervenuto”

Milano, il racconto dell’ex manager che fino a pochi mesi fa viveva Singapore e ora guida un’auto bianca dalle 5 alle 15: “Le ho viste in difficoltà, così non ho perso tempo e ho detto loro di salire subito a bordo”

Le immagini dell'aggressione davanti alla stazione Garibaldi riprese dalla telecamera del taxi. Nel riquadro il tassista Claudio Gioia, 50 anni

Le immagini dell'aggressione davanti alla stazione Garibaldi riprese dalla telecamera del taxi. Nel riquadro il tassista Claudio Gioia, 50 anni

Milano – “Quelle ragazze potevano avere l’età di mia figlia: appena le ho viste in difficoltà, ho pensato subito a lei e non ho avuto alcuna esitazione”. Claudio Gioia ha 50 anni e fa il tassista da 5 mesi: nella vita precedente era un manager di una multinazionale di stanza a Singapore. “Poi ho deciso di tornare in Italia – racconta al Giorno – e di prendere la licenza di un’auto bianca: mi è sembrato un lavoro che potesse darmi la possibilità di prendermi i miei spazi e allo stesso tempo di raccontare ai clienti le bellezze di Milano. Mi piace molto entrare in empatia con loro, e le numerose mance che ricevo mi danno il riscontro del servizio svolto”. Così ogni mattina prende servizio alle 5 con il radiotaxi 4040 e gira la città fino alle 15.

Cos’è successo alle 5.52 della notte tra mercoledì e giovedì?

"Stavo accompagnando in Stazione Centrale due turiste inglesi, madre e figlia. All’improvviso, in viale don Sturzo, ho visto tre ragazze che scavalcavano una siepe sul lato della stazione Garibaldi e che attraversavano la strada di corsa: dietro di loro c’era un uomo, che le stava seguendo. A quel punto, ho accostato la macchina al marciapiedi e ho chiesto se fosse tutto a posto. Quando una di loro mi ha risposto di “no”, non ho perso tempo e ho detto loro di salire subito a bordo”.

Nel video si intuisce che qualcuno cerca di aprire la portiera per infilarsi nell’auto o per far scendere le ragazze.

"Sì, qualcuno ha provato ad aprire la portiera subito dopo che le ragazze sono salite. Non ho capito bene chi sia stato, perché a un certo punto sono spuntati altri due ragazzi in monopattino. Io non sono stato lì a ragionare troppo su quello che stava succedendo: ho percepito la situazione di pericolo e ho cercato solo di allontanarmi il più in fretta possibile”.

Dal filmato della dashcam si notano altri veicoli: qualcun altro l’ha aiutata?

"No, anzi c’erano automobilisti che suonavano il clacson per farmi spostare. È una cosa che mi ha colpito. Non ci si deve voltare dall’altra parte: bisogna recuperare quel senso di solidarietà che ti spinge a dare una mano alle persone in difficoltà. A me è già capitato".

Quando?

"Qualche mese fa, sono passato in Centrale e ho visto una donna bagnata dalla testa ai piedi, fradicia sotto la pioggia: l’ho fatta salire e l’ho accompagnata a casa. Credo sia una cosa normale e penso che altri colleghi l’avrebbero fatto al posto mio. E poi le parole di una delle clienti che era in macchina mi hanno immediatamente ripagato".

Perché?

"La signora, che era insieme alla figlia, mi ha stretto la mano quando è scesa in Centrale e mi ha detto ‘Mi sentirei più tranquilla per mia figlia se sapessi che in giro c’è gente come lei’".

Dal suo punto di osservazione, che idea si è fatto della situazione in città sul fronte sicurezza?

"Non ho le competenze per analizzare il problema a fondo, ma la mia esperienza empirica mi dice che ci sono giorni in cui non incrocio una pattuglia per ore. So bene che le forze dell’ordine fanno quello che possono con gli organici che hanno a disposizione, ma è anche vero che Milano non può essere lasciata sola”.

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