Milano – Un litro di vodka scolato in poche ore. La lite per il malfunzionamento di un caricabatterie. Il ventilatore spaccato in testa alla compagna incinta al terzo mese, che inizia a perdere sangue dal lobo sinistro lacerato. La disperata fuga in strada della donna per sfuggire alla furia dell’uomo. Le botte sul marciapiedi che due testimoni vedono in diretta. Le urla per mettere in salvo la vittima e la chiamata al 112.
Una sequenza choc nel cuore della notte. Alla fine, il bruto è stato fermato dai carabinieri del Radiomobile, che però non potevano immaginare di avere davanti un uomo sospettato di essere un trafficante di uomini scappato lo scorso 27 luglio dai domiciliari a Lamezia Terme. Anche perché lui ha continuato a sostenere con ostinazione di chiamarsi Mustafa, esibendo un passaporto con le generalità di un bulgaro ventunenne e la foto di un uomo molto somigliante a lui. In realtà, le banche dati delle forze dell’ordine e le impronte digitali hanno dato un altro responso: si tratta di Ibrahim A., cittadino turco, ventotto anni da compiere a ottobre, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sulla rotta dell’Ungheria.
A valle degli accertamenti investigativi, l’uomo, assistito dall’avvocato Giuseppe Benincasa, è stato arrestato per lesioni personali aggravate, resistenza a pubblico ufficiale, evasione e sostituzione di persona, d’intesa con il pm di turno Rosario Ferracane: ora si trova in carcere a San Vittore, in attesa dell’udienza di convalida davanti al gip.
La storia inizia qualche minuto prima delle 2 di ieri, al sesto piano di uno stabile di viale Argonne: lì ci sono le stanze di un bed&breakfast. Una di questa è occupata dal ventottenne, che ha presentato ai titolari il documento contraffatto, e la compagna ventenne, che aspetta un bambino da lui. All’improvviso, metterà a verbale la ragazza, il turco diventa violento: prima la colpisce con un ventilatore, poi le punta un coltello da cucina al collo. La giovane riesce in qualche modo ad aprire la porta e a fuggire in ascensore: nel parapiglia, l’uomo si richiude la porta alle spalle, lasciando le chiavi all’interno.
In strada avviene la seconda fase dell’aggressione: la ventenne viene colpita con un tubo di ferro e con diversi calci, anche al volto. Salvifico l’intervento di due testimoni, che assistono in lontananza al pestaggio e urlano a squarciagola per mettere in fuga l’aggressore. Così accade. Pochi minuti dopo, arrivano gli equipaggi del pronto intervento dell’Arma: di A. non c’è traccia. La ragazza viene caricata in ambulanza e portata al Policlinico, dov’è stata tenuta in osservazione per tutta la giornata per monitorare l’evoluzione della gravidanza e lo stato di salute del bambino. Nel frattempo, le ricerche per intercettare il fuggitivo sono già partite. Alle 3.25, la centrale operativa di via Moscova segnala alle pattuglie che un uomo sta citofonando con insistenza davanti a un edificio di viale Argonne: i militari intuiscono che probabilmente si tratta dell’aggressore, rimasto chiuso fuori, e piombano davanti al palazzo. Lui dice di chiamarsi Mustafa, ma è sempre più agitato: cerca di divincolarsi dalla morsa, ma gli investigatori dell’Arma non lo mollano. I controlli nella stanza del b&b confermano il racconto della vittima: locali sottosopra e tracce di sangue in una delle camere da letto. Scattano le manette.