C’è un milanese che più milanese di così non si può come Diego Abatantuono, che martedì 20 maggio compie 70 anni? Probabilmente no. E invece sì, ribatterà qualcuno, c’è Renato Pozzetto (che però è cresciuto a Gemonio in provincia di Varese); ci sono Giorgio Armani o Roberto Bolle (vero, però la carta d’identità li porta nel Piacentino il primo e nel Basso Piemonte il secondo). E poi Enzo Jannacci, Mariangela Melato (qui tuttavia entriamo nell’ambito di chi purtroppo ci ha lasciato)… Quindi no, c’è solo lui, Diego. Il milanista sfegatato della curva sud, il “terrunciello” che in tanti abbiamo amato, protagonista di film-commedie di successo ma anche di pellicole da Oscar come Mediterraneo (1990) rappresenta più di qualunque altro la quintessenza, l’anima di questa città, simbolo illustre di una generazione che l’ha plasmata, amata e ha contribuito al suo successo.
Cresciuto in periferia, al Giambellino quello duro, da padre pugliese e madre comasca (in un’epoca in cui gli extracomunitari erano i meridionali), tifoso del Milan, accento milanese che si sente lontano una chilometro, la gavetta al Derby di via Monte Rosa, la passione per la cucina lombarda. Diego è cresciuto a pane, latte e nebbia. In una città che a volte vive una crisi d’identità, Diego Abatantuono è lì a ricordarci l’immenso contributo che Milano ha dato e continua a dare alla cultura italiana ed europea.