
Gui (Bicocca): risultati se i medici danno informazioni sull’uso degli schermi. I patti tra genitori sono più di di 108, ma serve il coinvolgimento degli insegnanti. Ora si negoziano le regole del registro elettronico, gli orari e le gite “disconnesse“.
"Per promuovere davvero il benessere digitale, è fondamentale il ruolo dei pediatri e serve un’alleanza con la scuola: le famiglie oggi hanno la necessità di capire come impostare la gradualità nell’uso dello smartphone, al di là dei divieti, e si affidano sempre più a figure educative e a studi scientifici". A sottolinearlo - ricerche alla mano - è Marco Gui, professore di Sociologia dei Media all’università di Milano-Bicocca e direttore del centro di ricerca Benessere Digitale. L’ultimo studio, fresco di pubblicazione su Health Communication, riguarda proprio i pediatri e raccoglie i risultati del progetto Custodi Digitali (sostenuto anche dalla Regione Lombardia) e di una ricerca sperimentale condotta su un campione di 1.030 famiglie residenti in Friuli-Venezia Giulia. Tra i promotori dei “Custodi Digitali“, insieme a MEC - Media Educazione Comunità e all’università di Milano-Bicocca, c’è Sicupp, Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche. "Il coinvolgimento dei pediatri nell’educazione digitale sin dai primissimi anni si è dimostrato efficace nelle scelte dei genitori e ha portato a benefici concreti – spiega Gui –. A loro è stato chiesto di diramare materiale informativo per un uso consapevole degli schermi a seconda delle diverse fasce d’età. Ed è stata poi valutata l’efficacia, comparando i risultati a quelli di un gruppo di controllo". I genitori che avevano ricevuto le informazioni dai pediatri si sono mostrati più consapevoli e hanno adottato pratiche per il benessere digitale, introducendo attività digitali più adatte alll’età, riducendo i tempi di esposizione e consentendo gradualmente ai più grandi una maggiore libertà di utilizzo.
Nell’anno dello stop allo smartphone nelle scuole, si è cercato di capire anche l’impatto di alcuni strumenti, come il “Decalogo scuole“ introdotto con i Patti Digitali, ovvero accordi locali tra genitori sulla gestione condivisa dei tempi e modalità dell’educazione digitale (dall’età di arrivo dello smartphone alle pratiche digitali consapevoli in famiglia). Il progetto nasce dalla collaborazione tra l’Università di Milano-Bicocca e le associazioni Mec (Media Educazione Comunità), Aiart Milano e Sloworking. "I gruppi di genitori dei “Patti Digitali“, più di 180 in tutta Italia, si sono resi subito conto che una scelta di gradualità da parte delle famiglie non è sostenibile se non è supportata anche dalla scuola", spiega Gui. È nato così un decalogo che si è affacciato nelle scuole del primo ciclo un anno fa, prima del divieto. E che resta valido visto che cerca di risolvere anche alcuni paradossi che riguardano per esempio i compiti a casa o l’uso del registro elettronico. "Spesso i genitori si sono trovati davanti a scelte difficili: o lasciare i figli tutto il pomeriggio in balìa di Internet o evitarlo, impedendo però di fare i compiti che venivano diramati online – sottolinea Gui –. Si è provato quindi a creare un terreno di dialogo, che parte ancora una volta dal concetto di gradualità".
Il decalogo è stato discusso da diversi Consigli d’Istituto che hanno poi preso decisioni. É stato negoziato per esempio l’utilizzo del registro elettronico e gli orari di invio delle comunicazioni, che prima arrivavano anche a notte fonda; si stanno diffondendo gite ed eventi smatphone-free. "Sta aumentando la consapevolezza – conclude Gui – e si sta capendo che le competenze digitali stesse non si acquisiscono scorrendo “Reel“ su Tik Tok, anzi. L’uso precoce dello smartphone è collegato a meno competenze digitali: anche nei report Invalsi c’è una correlazione per esempio con la comprensione del testo, danneggiata da una precocità elevata dell’accesso a social e smartphone. Le competenze digitali si acquisiscono insieme agli insegnanti, creando contenuti e laboratori di cittadinanza digitale, non stando sulle piattaforme commerciali".