
Negozi in affitto in corso Buenos Aires a Milano
Milano – Serrande abbassate. Cartelli più che eloquenti con la scritta “Affittasi”. Sbirciando oltre i vetri, polvere e desolazione. In certi punti, corso Buenos Aires, l’arteria milanese dello shopping per eccellenza, contraddice con la realtà la definizione di sé stessa. Succede tra Lima e Loreto, dove si trova la maggioranza di negozi sfitti, ex sedi di attività che hanno chiuso i battenti da mesi e che non si sa se e quando saranno rimpiazzate da altro. “In corso Buenos Aires – spiega Gabriel Meghnagi, vicepresidente Confcommercio e presidente Ascobaires – esistono circa 270 spazi commerciali. Mentre per una quindicina di questi, che hanno chiuso ma con la prospettiva di ospitare altri negozi a breve, si può parlare di una trasformazione fisiologica”, in un corso che cambia pelle di continuo, per altri, “occhio e croce 25, non si può dire lo stesso: sono nel limbo”. Cioè restano vuoti e al momento non hanno attirato interessi di eventuali futuri inquilini. “Almeno 18 di questi spazi sono tra piazzale Loreto e piazza Lima”.
Quali possono essere le motivazioni? “In primis, i canoni di affitto elevati, che sono alti perché corso Buenos Aires è una via-vetrina, commerciale. “Per i locali più grandi, tra 60 e 120 metri quadri, occorre sborsare anche 25mila euro al mese. E i prezzi – assicurano i negozianti che resistono – restano tali nonostante il passaggio di clientela sia cambiato. Vediamo meno persone a passeggio, o comunque meno clienti. Questo potrebbe essere dovuto ai lavori ancora in corso, per la realizzazione della ciclabile, l’allargamento dei marciapiedi e la creazione di nuovi elementi di arredo”.
I canoni elevati “scoraggiano sia i grandi marchi – continua Meghnagi – che per spazi commerciali estesi vanno altrove, e sia le piccole imprese familiari, che anche affittando un locale di dimensioni ridotte non riescono a stare a galla con le spese”.
Lo conferma chi gestisce un’attività tra Lima e Loreto: “Il canone d’affitto è sproporzionato rispetto al passaggio di clientela. All’angolo con via Piccinni hanno chiuso due negozi – dice Laura Santoro, di Greenapple –. E poi io un degrado così non l’ho mai visto: i lavori non finiscono mai. Secondo me sarebbe stato meglio realizzare la pista ciclabile da un lato solo, lasciando i parcheggi dall’altro lato”.
Simona Losardo, della camiceria Vitali, evidenzia che “senza la pista ciclabile si lavorava molto di più. Sarebbe bastato lasciare i parcheggi “a tempo“, di 10-15 minuti, per consentire ai clienti di venire a ritirare la merce”. Ancora, Davide Monfregola, del negozio di abbigliamento e scarpe “94Truth“, punta il dito sullo “scarso passaggio. Non sembra di essere in corso Buenos Aires. Per un’impresa familiare, i costi sono insostenibili”. A pochi metri, una piccola pizzeria è sopravvissuta per una manciata di mesi. Così anche altre piccole attività. “Non riuscivano a pagare 10mila euro di affitto al mese”.
Superata piazza Lima, arriva la parte “fortunata“, fino a viale Regina Giovanna-viale Tunisia, dove gli spazi sfitti fanno più gola. Situazione ancora diversa verso piazza Oberdan, “dove in certi negozi c’è la coda tutti i giorni”, sottolinea il vicepresidente di Confcommercio. Si riferisce all’insegna Pop Mart, leader nel mercato dei giocattoli da collezione, che attira centinaia di clienti, per lo più ragazzi desiderosi di comprare i “Labubu“, pupazzetti da appendere a borse e zaini, che spopolano sui social. L’attesa dura ore. È l’altra faccia di corso Buenos Aires.