Lo hanno chiamato maestro. Ma anche visionario e persino genio. Giancarlo Marzorati era più semplicemente un artista a tutto tondo. Uno che disegnava ancora con la matita, a mano libera, le illustrazioni dei libri degli amici e i bozzetti che davano vita a edifici riflettenti, torri sospese nel cielo, verde pensile, multisala con le stelle in corridoio e le costellazioni sul soffitto. Marzorati, morto improvvisamente alla vigilia di Natale all’età di 78 anni, è stato un protagonista di spicco della storia dell’architettura italiana. E ha vissuto un matrimonio quarantennale con la sua Sesto San Giovanni, il suo vero laboratorio. È a Sesto che ha progettato grandi complessi per uffici dal carattere avveniristico, che hanno ospitato importanti società: Impregilo, Oracle, Novell, ABB, Alitalia, Inail, Campari. Una città in continuo movimento, con una forte vocazione al cambiamento e alla modernità, non poteva che stimolare un architetto come Marzorati, che negli anni ’90 ha disegnato quello che ancora oggi è lo skyline della città con le sue porte di ingresso. La sua poliedricità e versatilità lo hanno portato ad affrontare sfide differenti come i recuperi di edifici storici – la cinquecentesca Villa Torretta, Villa Sormani, Villa Puricelli Guerra – e la progettazione di centri commerciali (il Sarca), complessi residenziali, ecohousing, cinema multisala, l’Auditorium di Milano in largo Gustav Mahler, strutture religiose ed educative, centri benessere e parchi termali. Una città pubblica estesa e forte, come emergeva ne “La città sognata“, la mostra antologica allestita nel novembre 2016 nella lobby di Campari. Oltre 60 modelli tra progetti diventati realtà e altri rimasti nel cassetto.
“Il sogno è un concetto fondamentale per il mio mestiere, che significa pensare sempre a qualcosa di nuovo, a un’evoluzione. Non per il gusto del diverso fine a se stesso, ma per creare un’emozione più avazata”, aveva raccontato Marzorati. Che già si districava tra legno, superfici verdi e bioarchitettura per rispondere meglio alle esigenze del domani. “Il nuovo, che sostituisce e si impone, finisce per diventare una sensazione e percezione fisica da parte degli abitanti. Succede quando uso il laterizio dove prima non c’era un edificio a mattoni. O quando il verde aperto diventa di tutti, non è più un solo fatto sensoriale ma una realtà”. E per Marzorati “il laterizio è la storia di Sesto, con le fornaci che producevano mattoni per la Falck. L’edificio Campari, ieri come oggi, ripropone questa storia”. Una storia replicata, omaggiata, anche da Park Associati per il futuro studentato che sta sorgendo proprio sull’Unione Zero delle aree dismesse.
Anche con le ex acciaierie si era cimentato Marzorati, che sognava una pista di sci sospesa, alimentata dalle pompe di calore, e un grande parco divertimenti. Divertimento e benessere, come l’occasione mancata in piazza Oldrini dove un complesso di terme non è mai nato. O come il ponte ciclopedonale che “unirà il Rondò a piazza della Repubblica diramandosi verso i giardini di Villa Zorn, creando non solo un nuovo scavalcamento ma anche una piazza sopraelevata dove si potrà passeggiare nel verde come sulla High Line di New York”. Le finestre del suo studio si affacciavano sul parco Campari. Passato e futuro. Ma restava un architetto “all’antica”, che disegnava sempre a mano libera le sue sinuose linee. Preferiva le forme tondeggianti “perché lo spazio è curvo”. “A un progetto bisogna affacciarsi sempre con umiltà. Altrimenti si finisce col dire “Territorio, ora ti insegno io come ti devi trasformare”. I funerali sabato alle 15.30 alla chiesa di San Giuseppe a Sesto San Giovanni